martedì 26 ottobre 2010

Amore e Odio

Se qualche non veneziano mi chiede se mi piace la mia città la mia risposta inizia quasi sempre con: “sì, ma…”
Diciamo che della mia città sono più le cose che odio o quelle che non mi piacciono. Ma difficilmente riuscirei a trasferirmi altrove, anche potendo stare meglio.
Certo poi il lavoro e la vita in genere sono sempre incognite, quindi mai dire mai, però questo è il mio pensiero in linea di massima.
Quanto segue sono mie impressioni personali, non vorrei che qualcuno si offendesse.  Se trovo opprimente qualche angolo di Venezia è una mia impressione. È giusto quindi che esistano anche sensazioni opposte alle mie, solo che questo è un mio spazio e scrivo le mie impressioni.


Dunque perché odio la mia città.

Semplicemente non mi piace. Non mi piace la visione ormai turistica che Venezia si è costruita attorno a se. Non mi piacciono tutti quei luoghi che da una parte sono il simbolo di Venezia nel mondo ma dall’altra sono invivibili e fossilizzati nella storia.
Non mi piace la parte a Est di Venezia, la trovo chiusa in sé stessa ma forse questa è solo una sensazione visto che non la frequento troppo.
Non mi piace quell’atmosfera che spesso c’è a Venezia che va da una sensazione di solitudine a quella dell’immobilismo. In realtà non è tutto così statico, ma la sola sensazione mi fa oppressione.
Poi devo ammettere che Venezia è anche scomoda per i trasporti di oggetti voluminosi/ingombranti. Bisogna fare i conti con le ditte di trasporto, con la marea, con il bello e il brutto tempo, con la pioggia, con il vento, con la nebbia.
Torni dalle vacanze con la macchina piena di bagagli e devi cominciare a fare i viaggi dalla macchina col vaporetto per riportare tutto a casa (e io non vado neanche così tanto male) oppure organizzarti per tornare a prendere le valigie con la barca.
Nel mio caso che vado via anche con la bicicletta bisogna pregare che ti lascino montare in vaporetto, devi evitare gli orari di punta, devi fare meno fermate possibili, devi evitare le tratte trafficate.



Allora perché non la lascerei mai?

Beh… qualcosa di Venezia mi piace: la strada che da casa mia porta verso la zona tra il Tronchetto, Piazzale Roma e la Ferrovia ovvero verso il resto del mondo, mi fa sentire libero.
Ma non mi piace solo questo.
Io amo andare in barca, soprattutto a remi, in quella che considero la MIA laguna. Mi piace quindi la zona “rurale” della mia città, esclusi i canali di grande navigazione, dove, causa moto ondoso, è impensabile (ma non impossibile, bisogna solo essere bravi e fortunati) pensare di andare in barchette di ridotte dimensioni.
E sono fortunato ad abitare dove abito perché in 2 minuti esco dalla zona acquea “cittadina” e mi ritrovo in aperta laguna.
Poi a me piace anche il rapporto con l’entroterra e il litorale veneziano (lido un po’ meno, solo la zona degli Alberoni), in particolar modo con alcune zone che mi piacciono proprio e da sempre, forse perché riprendono i caratteri veneziani per come li vedo e penso io. Posti in cui spesso faccio giri (riposanti) in bici.
Mi piace quindi tutta la zona che costeggia la laguna Nord, fino a Jesolo e proseguendo poi fino a Punta Sabbioni. Comprendendo però un po’ tutta la fascia di terra che da S.Donà prosegue fino a (circa tracciando una linea retta) Lignano (che non è più in Veneto).
Andando dalla parte opposta c’è la zona della casse di colmata, delle valli fino a Chioggia. E la Riviera del Brenta, che merita però un discorso a parte.
Non mi piace la cosa per cui è famosa tutta la riviera (no, non le scarpe!), ovvero le ville Venete. Non che siano brutte, ma mi fanno lo stesso effetto di Piazza S.Marco: oppressione. Mi piace il rapporto con l’acqua che crea questo strano intreccio fra campagna e laguna. Un po’ mi ricorda il modo di vivere di posti come Ca’ Savio, Ca’ Ballarin, Cavallino, ma più ingentiliti e meno “campagnoli”.
Se vogliamo è un po’ strano l’abitato di Malcontenta e la zona di collegamento da una parte con Marghera, dall’altra parte con Oriago. Manca una sorta di continuità, soprattutto verso la zona industriale. Si sente questa cosa andando in bicicletta, dove per evitare di essere rasentato dai Tir, per passare da Mestre a Oriago conviene passare per Chirignago e spostarsi poi verso sud.



Un’ultima particolarità di Venezia.


Io arrivo ad un certo punto dell’anno, magari di quegli anni passati ad allenarmi per le regate comunali, che odio Venezia e i veneziani, odio quelli che vanno in barca, odio i gondolieri, odio i tassisti, odio chi beve aperitivi, odio i commercianti e gli albergatori, odio i dirigenti di istituzioni che non sanno rapportarsi con le persone, odio quasi anche il me stesso che vive dentro a questo mondo, odio l’ignoranza. Allora prendo e vado in montagna. E là, pian pianino ritrovo l’equilibrio perso. Ritrovo quel rapporto unico fra me e l’ambiente che mi si era guastato stando “a mollo” in laguna. Vedere il verde dei prati e dei boschi mi riempie quel vuoto che si era creato. E dopo aver ritrovato l’equilibrio torno nella mia Venezia guardando tutto dall’alto.

lunedì 25 ottobre 2010

Pensieri prima di un allenamento



Sapevo che di lì a un’ora e mezzo dovevo andare a vogare. Certo la cosa in fondo non mi dispiaceva, ma forse in quel periodo mi pesava; forse mi pesava più in generale perché già in altre occasioni avevo capito che la voga di per se stessa e fine a se stessa, non porta a niente. Se non stress, per colpa di tutto quel mondo che la circonda, che la sostiene in modo sbagliato, credendo che solo in quel coriandolo di mondo rappresentato dai veneziani vogatori si trovi l’essenza dell’essere più forti, più bravi, più intelligenti delle altre persone.
In realtà quel minuscolo manipolo di esseri pensa in modo differente da tutto il mondo e per questo ne è completamente a disagio quando si rapporta con esso. Quindi anche con me.
Comunque sarei andato lo stesso, anche perché il giorno dopo avevamo, tempo permettendo le eliminatorie di SS. Giovanni e Paolo. Sperando in quell’occasione di trovare un assetto corretto, non come la volta precedente.

domenica 24 ottobre 2010

Nati in barca 1



"Mauro Corona è solito ripetere di non essere nato in barca." Con questa frase si apre la biografia di Mauro Corona sul suo sito internet .
È strana l’idea di trovare una sua pagina sul web. Non che non me lo aspettassi, ma non me lo vedo seduto davanti ad un pc a scrivere sul suo sito. Lo penso in montagna, con la testa assorta nei suoi pensieri e contemporaneamente libera, a perdersi nella natura che lo circonda. Ma senza pensarci troppo.
Si può approvare o meno il suo modo di vivere. Certo non è facile poi giudicare dalle impressioni. Io personalmente lo trovo una persona vera, forse un po’ distante da me per quanto riguarda certi eccessi, ma non così tanto come potrebbe sembrare. Conosco altre (non molte) persone che hanno quella scorza dura in apparenza. E come per Corona, anche queste persone trovano nella natura il loro sfogo per la mente, sapendo cogliere molti aspetti da cose che a prima vista danno poco. Questo lo capisco.
Nel sito di Corona, c’è la possibilità di sottoscrivere una petizione per non far passare i TIR in Valcellina, per salvaguardare l’ambiente. Secondo me l’iniziativa è buona anche se forse non ha l’eco necessaria a renderla realmente “pesante”. Quando vado in montagna (Cadore, Ampezzano e dolomiti di Sesto) vorrei poter togliere dalle strade i TIR e dalla montagna i turisti. Mi rendo conto che l’economia di quei posti si basi sul turismo ma, vivendo in una città che ormai punta solo sul turismo, sinceramente non ne posso più delle masse di persone che come pecore pascolano ovunque e a caso. Girando in Agosto non sembra neanche di essere più in montagna. L’ultima volta che sono stato sulla ferrata Lipella (ferrate che comunque sono discutibili in quanto tali) sembrava di essere in coda a Gardaland. Per fortuna eravamo partiti molto presto e la coda si è limitata all’ultima pezzo, dalle Tre Dita in su (dove, a dir la verità, la ferrata non è neanche più tecnicamente la "ferrata Lipella").
Non parliamo della montagna invernale. Le piste sovraffollate (già solo l’idea di “pista” snatura la montagna), parcheggi stracolmi di automobili: praticamente l’ideale per starsene a casa propria.
D’altro canto con il muoversi di interessi economici poi lavorano anche delle persone, però non vorrei che finisse come a Venezia, dove per salvaguardare posti di lavoro si continuano a mantenere attivi gli stabilimenti chimici. O che per far fronte alla pesca abusiva di vongole sono stati resi regolamentari certi sistemi di pesca invasivi per il fondale della laguna e concesse zone finora non intaccate dalla raccolta di massa. O che, con la panacea che il turismo sia la sola fonte di sostentamento possibile, si cerchi di sfruttare il tessuto urbano a discapito di chi la città la abita e del turismo ne farebbe volentieri a meno.
Ecco. Credo che alla fine l’uomo moderno non sappia più accontentarsi ma voglia sempre di più. E sempre di più per se stesso.
In pratica sono d’accordo con Corona sull’idea che l’uomo moderno non sappia più usare le mani, più in generale l’uomo moderno non sa fare fatica. Si vuole andare in cima ad una montagna senza fare fatica ma godere ugualmente del paesaggio. All’uomo moderno servirebbe un blackout che lo costringesse a guadagnarsi di nuovo con la fatica fisica i piccoli piaceri. Anzi la fatica stessa renderebbe piacevoli le abitudini quotidiane.
Io, a differenza di Corona, potrei dire di essere nato in barca ma, visto in che città sono nato, la cosa non stona, anzi si intona appieno.

Quanto scritto qui sopra è una mia riflessione di un paio di anni fa’, opportunemente rinnovata. C’è da dire che da allora le partecipazioni di Mauro Corona a dibattiti televisivi, a dibattiti dal vivo, la presenza di filmati e testimonianze sul web hanno fatto conoscere meglio il “personaggio Corona”. A volte può sembrare ripetitivo ma ormai la sua in televisione è una missione: quella di far conoscere al mondo la realtà di Erto e Casso e di tutti i paesi minori della montagna.
Ovviamente tutto questo dal suo punto di vista ha un senso: sinceramente odio i commenti di chi vede o sente Corona per la prima volta, ne scrive meraviglie su internet ma alla resa dei conti spesso si tratta di persone che non sanno esattamente cosa significhi “vivere alla Corona”.
Oltre al sito personale, già linkato all’inizio, segnalo anche il sito de LA7 che in questi 2 anni lo ha ospitato varie volte e la pagina ufficiale su Facebook.

sabato 23 ottobre 2010

La prima volta

Non c'è stata forse una prima volta assoluta del mio approccio con la voga o con quello che è la voga in generale. L'andare in barca c'è sempre stato fin da quando ero bambino. Come molti veneziani "acquatici", non ricordo quando sono montato in una barca per la prima volta. Dai ricordi di casa e dalle foto posso sicuramente affermare che ero talmente piccolo da esserne anche quasi inconsciente.
Diciamo però che ci sono state varie "prime volte" legate all'andare in barca a remi e non. La prima volta che mi è stato regalato/costruito un remo tutto mio a circa 4 anni, la prima volta che sono andato a pesca con i grandi (alzandomi alle 4 del mattino), la prima volta che da solo ho vogato la barca del nonno, la prima volta che da solo sono andato a vela, la prima volta che da solo ho fatto lavori sulla barca.
Ci sono stati poi altre piccole conquiste, che non considero "prime volte", ma altrettanto importanti, come quando finalmente ho capito di essere in grado di vogare alla valesana e ho "superato" il mio maestro, come quando ho capito che ero in grado anche di vogare in gondola a un remo.
Al culmine di tutto c'è stato forse la logica conseguenza a tutto questo mio interesse verso la voga: le regate. Certamente l'appprocciarsi alla voga in modo agonistico mi ha messo di fronte ad un mondo che fino a quel momento non avevo mai completamente capito. Nonostante i racconti di casa di come venivano vissute le regate dai miei parenti regatanti: finché non ci si confronta direttamente con questa realtà non si può capire di cosa si tratti.
Sicuramente l'esperienza è stata (è ancora) utile. Dal mio punto di vista è stata soprattutto utile a prenderne le distanze nel modo più appropriato e dare un maggior valore a ciò che avevo imparato prima di affacciarmi a questo controverso e a volte un po' ignorante mondo della voga veneta veneziana.

venerdì 22 ottobre 2010

Post Zero

Sicuramente nessuno me l'ha chiesto. Ho deciso di aprire questo blog per raccontare il mio mondo della voga veneta. In realtà è la mia visione, la mia percezione di quello che è la voga veneta a Venezia.
Ho voluto farlo perché sentivo la necessità di raccontare certi episodi e in generale questo particolare mondo sotto la mia prospettiva, svincolandomi dal ruolo di redattore/webmaster/consigliere di una delle associazioni sportive veneziane più attive nel mondo della voga e del canottaggio.
Spesso capiterà che racconti fatti o situazioni che con la voga non hanno nulla a che fare, almeno direttamente. La voga infatti non è solo andare in barca. Per me la voga è anche fuggire da essa per riequilibrarmi, per ritrovare serenità da situazioni che altrimenti risultano spesso inutili e poco edificanti.
Non so bene neanch'io come si evolverà questo blog. Spero possa essere oltre che uno strumento utile a me, anche uno strumento per dare voce a chi della voga non condivide la visione generica della voga a Venezia.
Se qualcuno volesse linkare i contenuti di questo blog è pregato di avvertirmi. Per diritti intellettuali sarà invece vietato ricopiare interi post col sistema del "copia incolla". Potrete comunque riportare alcune righe del post e linkare il post stesso, al fine di far venire i lettori anche su questo blog.
Tale blog inoltre non nasce non sarà mai a scopo di lucro e quindi a maggior ragione vi invito a rispettare i diritti d'autore.

Aggiunto il 10/12/2010:
I commenti ANONIMI alle notizie del blog, non verranno più pubblicati dopo la prima fase d'avvio. Nei limiti di massima pubblicherò tutti i contenuti, purché scritti con un linguaggio appropriato.