lunedì 24 gennaio 2011

Considerazioni sul progetto per i nuovi impianti sciistici a San Vito di Cadore

Visto che, ottimamente, l'amministrazione comunale Sanvitese ha aperto un dibattito sul progetto per i nuovi impianti sciistici, pubblico l'estratto della lettera che ho inviato per far conoscere le mie impressioni a riguardo.
Riassumo quindi i link a siti che parlano di questo progetto:

UPDATE:
- www.nuovagenerazione.it (sito del gruppo di maggioranza che contiene anche tutto il progetto)
- www.comune.sanvitodicadore.bl.it (sito ufficiale del comune di San Vito di Cadore -BL)
- pagina Facebook 1, appositamente creata per promuovere l'opera.
- pagina Facebook 2, gruppo a iscrizione previo richiesta nella quale i sanvitesi discutono dell'opera
- notizia del CAI Veneto: www.caiveneto.it
- Sito che raccoglie impressioni, dati e ragionamenti CONTRO gli impianti: www.pelmo-mondeval.it

articoli di giornale:
- Corriere delle Alpi: 1, 2, 3, 4.
- Il Gazzettino: 1, 2.

Ed ecco l'estratto della mia lettera. Ho escluso da questo intervento alcune precisazioni di carattere personale e che comunque non hanno nessun riferimento all'argomento in questione.
Visto che state dando la possibilità di esprimere dubbi e/o apprezzamenti, opinioni, suggerimenti e quant’altro ho deciso, dopo una lunga riflessione non facile, di inviarvi questa mail con le mie opinioni personali a riguardo del progetto per il nuovo comprensorio sciistico.
Sono un ospite di San Vito da 26 anni (ne ho 32) e sono cosciente del fatto che potranno intervenire al dibattito in modo attivo solo i residenti, com’è giusto che sia. Ciò non toglie che possiate tener conto del parere dei vostri ospiti di lunga data.
Chiarisco subito che il mio modo di pormi verso San Vito non è: “vado a San Vito per andare in vacanza” ma “vado a San Vito per contrastare la socialità e il contesto naturale che mi attornia nella mia città, Venezia, vivendo il più possibile nel modo usuale a chi abita da sempre in questo paese”.
Ho dovuto riscrivere varie volte il testo di questa mail perché la mia contrarietà al progetto non venga fraintesa e quanto affermo venga classificato come posizione politica o di un estremismo ambientale controproducente a tutti.
Nei giorni scorso ho avuto modo di scrivere altri messaggi a Sanvitesi che conosco (e non) e nell’occasione ne ho conosciuti altri. Ho avuto modo di scambiare opinioni per cui non voglio entrare in polemica con nessuno, almeno in questa sede. Vorrei solo, nel piccolo, fornire il mio contributo al dibattito globale.

Per quanto riguarda il progetto, da ingegnere, posso affermare che è… un progetto. Ovvero che segue e si snoda attraverso la normativa. Quindi da quel punto di vista c’è poco da commentare. Certo è redatto “a favore” degli impianti ma d’altra parte un progetto deve anche convincere per essere valido. Se i primi non convinti sono i progettisti allora forse il progetto stesso nascerebbe già sotto un’ottica sbagliata. C’è inoltre da dire che i professionisti quando eseguono un lavoro spesso sono attratti dal risvolto economico, molto vantaggioso a loro riguardo. Io personalmente ho un altro modo, più etico di pormi di fronte all’idea del guadagno ma queste sono considerazioni personali, magari da ingegnere alle prime armi. Sottolineerei due punti che proprio non mi convincono della relazione paesaggistica, anche da tecnico.
­       Il primo a pag 28, verso la fine a commento della figura 5.9: “Sicuramente la geometria delle piste richiama l’intervento antropico, ma occorre anche ricordare che la zona delle Rocchette è comunque prossima ai principali caroselli sciistici e l’occhio del turista è già preparato ad integrare nella sua visione tali sistemi turistici
Non so a che genere di turista insensibile si faccia riferimento ma certamente questa espressione non giova a nessuno. Sarebbe stato meglio che questa frase non fosse inserita. Nel mio caso, non solo la mia vista è infastidita dalle strisce di prato “forzato” a forma di serpente ma non mi abituerò mai alla vista delle piste di qualsiasi comprensorio sciistico. Diciamolo: sarà anche economicamente valido ma esteticamente è proprio deturpante.

­       Il secondo a pag 31 a commento della fig. 5.14: “Le due stazioni motrici delle seggiovie esaposto che salgono rispettivamente da Rio Cordon e dal Taulà de Ruoibes convergono sulla cresta del Col de la Steles, modificandone indubbiamente lo skyline naturale.”
Questo è un errore formale “tecnico”. Lo skyline rappresentato in foto è tecnicamente la cresta del Pelmo e non la cresta del Col de la Steles. Per cui in quella foto non si va a modificare lo skyline ma propriamente il Pelmo, o meglio la sua visuale in quel punto.

Poi ci sono altri dettagli e alcuni punti poco chiari anche altrove ma avendo scritto varie volte questo testo, prima di arrivare a questa versione definitiva, ho ritenuto metterne in evidenza solo quei due aspetti. Altrimenti la mia sarebbe risultata una controrelazione e non è il mio ruolo ma quello delle istituzioni di controllo e di verifica durante l’iter approvativo.

Sull’analisi dell’impatto socio-economico si giocano maggiormente le potenzialità dell’impianto.
Da veneziano del centro storico ho qualche dubbio che alla lunga il vostro progetto possa realmente portare un vantaggio economico per la vallata o almeno per San Vito e Selva.
Pur con l’intento poi di utilizzare le risorse a favore di interventi anche in ambito comunale, la ricchezza prodotta dall’indotto verrà probabilmente distribuita in modo iniquo sulla popolazione. Mi spiego meglio. Chi è socialmente debole e non in una posizione o possibilità imprenditoriale legata al turismo non avrà nessun introito. Il Comune cosa farà nei confronti di queste persone? Regalerà loro denaro affiche il loro reddito possa avvicinarsi a quello dei proprietari degli impianti, dei proprietari dei terreni, dei proprietari degli alberghi, appartamenti e altre attività “turistiche” commerciali?
Mi chiedo poi se veramente il prezzo delle case per i residenti scenderà e non succederà come a Venezia o a Cortina dove i prezzi delle case continuano ad aumentare a dismisura, anche se il settore dell’edilizia si dice “in crisi”. Questo lo so bene perché ci lavoro… e io sinceramente la crisi non la vedo anche se non sono in una posizione imprenditoriale. Sarà che forse ritengo più che sufficiente il mio stipendio ma vedo, anche nel mio mondo del contrasto sociale a volte indisponente: tempo fa’ un mio ex-datore di lavoro si lamentava della congiuntura economica che lo costringeva a ridurre stipendi e a licenziare per poi però comprarsi un’auto aziendale da 60.000 Euro. Questa considerazione esula dal contesto della relazione ma l’ho volutamente lasciata a titolo esplicativo degli errori che alcuni imprenditori con pochi scrupoli morali e sociali possono commettere.
Tornando alla relazione dell’impatto socio-economico, ripeto, non vorrei che nel tempo questo collegamento, a fronte di porsi come un’opportunità in questa fase iniziale, si riveli una bomba sociale per le generazioni future, per i nostri (cioè vostri) figli.
Sempre a livello economico c’è anche da capire che tipo di turista volete ospitare. Da quello che si capisce volete quel genere di turista danaroso che sia contento di spendere perché sta pagando un servizio. Questa non è la mia mentalità di pormi in un contesto turistico. Sarà che da veneziano “anomalo” odio il turismo e le masse di persone ma non trovo moralmente corretto sfruttare l’ambiente in modo vacuo, solo per far scendere dalle piste persone che hanno un concetto commerciale della montagna. Lungi da me considerare la montagna un luogo di sola poesia e romanticismo. La montagna, come d’altra parte la “mia” laguna, è un luogo abitato dalle persone che hanno deciso di abitarlo e come tale va preservato cercando di intervenire in modo moralmente corretto e non ponendo l’arricchimento personale come scopo reale, anche se mascherato da intenti sociali a larga scala.
Capisco che il problema è comunque complesso e non può limitarsi ad analisi emotive. Le soluzioni alternative, forse a più lungo termine, e sicuramente meno vantaggiose economicamente, si potrebbero ricercare in una gestione diversa del territorio e delle sue risorse. Certamente riconosco che certe leggi di carattere nazionale non incentivano per esempio uno sfruttamento reale della attività di pascolo e agricoltura, come avviene per esempio in Alto Adige, ma riterrei più corretto iniziare una battaglia in campo politico nazionale su questi aspetti, piuttosto che pensare alle piste. Oppure fare entrambe le cose ma dando una scadenza assolutamente vincolata ad una dismissione degli impianti dopo 15 (o 20) anni dal loro avvio. Ritengo che però a questa alternativa, a fronte di introiti continuativi nel tempo, verrebbe a meno in futuro, al momento della prevista de-antropizzazione dei luoghi.
Pensando poi alle attività di pascolo, si sa che andrebbero comunque a tagliare bosco ma di fatto ripristinerebbero un modo più corretto e meno invasivo nell’impatto territoriale. Il pascolo non ha certo bisogno di impianti di risalita e di tagli visibilmente deturpanti a strisce nel bosco. Il pascolo poi allontana il concetto invasivo di turismo e quindi l’indirizzamento globale del turista andrebbe in una direzione di consapevolezza territoriale, cosa che le piste non insegnano a chi alla montagna non si avvicina in modo alpinistico o residenziale stabile (cioè non da turista).

Venendo poi ad altre questioni legate a San Vito, sarei favorevole ad interventi a fondo valle, cioè in paese, per migliorarne l’abitabilità. Penso ad esempio al famoso by-pass, previsto nel prg e poi forse modificato, forse sospeso (sinceramente non so a che punto sia la questione). Sarei favorevole a strutture nell’ambito dell’abitato, atte ad attirare turismo consapevole come musei, sale congressi, nuovi insediamenti universitari e di ricerca. Certo, come detto sopra, mi rendo conto che da questo tipo di turismo si ricava poco.
Ma faccio anche un paragone estivo: la pista ciclabile. Essendo inserita in un contesto di fondo valle e di facile percorrenza anche ai meno allenati, attira sempre più interesse. Perché allora  rivolgere lo sguardo verso interventi che non vanno a intervenire in zone non antropizzate d’alta quota ma restino in ambito già antropizzato di fondo valle?

Un ultimo aspetto, legato alla legalità e alla correttezza degli operatori turistici.
Inviterei l’amministrazione di San Vito a controllare capillarmente le agenzie immobiliari. So per certo che almeno una di queste (non posso certificarlo per altre), nei contratti d’affitto della durata di un mese barano un po’. Essendo che il contratto oltre i 25 giorni andrebbe registrato, pagando le tasse previste, il trucchetto sta nel dichiarare un contratto di 25 giorni ma affittare gli appartamenti per un mese o più. In questo modo giustificano che l’ospite pagherà meno (cioè non pagherà la tassa). In questo modo però l’ospite stesso viene a perdere alcuni vantaggi e riconoscimenti. Inoltre viene falsato il dato sul turismo che poi, nell’analisi di impatto economico determina cifre, sulla carta, minori dei soldi che realmente girano nel vostro ambito locale. So per esperienza che comunque chi ha già soldi a sufficienza si lamenta che sono sempre troppo pochi e questo è un male dell’individuo che andrebbe curato.

Concludo questa lunga mail: chiaramente la mia non è una posizione favorevole agli impianti in quell’area. Per me ne viene a perdere da un punto di vista naturalistico una delle poche porzioni di territorio rimaste incontaminate. La mia posizione sarebbe, anche in altre località extracadorine, di eliminazione, o almeno riduzione della portata e del numero degli impianti di risalita, proprio per disincentivare il turista che ha nel suo concetto di base il capitalismo più becero e antimorale, ovvero chi afferma: “ho i soldi, pago, quindi esigo servizi, esigo divertirmi”. Io personalmente pagherei (nei limiti delle mie possibilità) proprio per non intervenire sul territorio in questo modo. Lo farei anche nella mia laguna, non è un concetto che ho solo per la montagna ma comunque mi rendo conto di essere isolato. Io sono dell’idea che se voglio riposarmi mi basta una sedia, un letto. Non mi serve arrivare per forza dove magari con le mie forze non riesco.
Comunque non vogliate prendere il mio intervento come un no assoluto alle vostre, giuste, volontà di non soccombere all’economia attuale.

venerdì 21 gennaio 2011

La cultura del facile

Da sinistra in alto: un pilone di un'abominevole seggiovia, una fastidiosa spiaggia sfruttata economicamente, un cafoneggiante yacht, la sala di un ristorante, un'auto blu da più di 100.000 euro, una delle camere


Ormai da un po’ di tempo ne sono convinto e ciò che vedo attorno a me non mi lascia scampo dall’esimermi a fare questa considerazione: siamo sopraffatti dalla cultura del “facile”.
E quello che è grave è che se fino ad oggi, spesso, il comodo e il facile lo si è cercato inconsapevolmente, ora lo vogliamo trovandone anche pseudo giustificazioni plausibili.
Ovvio che l’uomo per sua natura sia alla ricerca, anche non volontaria, di modi per agevolarsi la vita ma credo stiamo esagerando oramai.
L’uomo a differenza degli animali può studiare la sua storia passata e da essa trarne insegnamento, ma sembra che non ci sia la volontà di studiare e di mantenere viva almeno la memoria storica. Credo che se la mia generazione mantenesse viva la memoria storica dei propri nonni, si andrebbe verso una presa di coscienza reale, che però sembra appartenere a pochi.
Come commentavo ad uno dei miei post, ricordo che nel 1994 mio nonno, sentendo parlare il premier appena eletto disse: "Ecco... questo xe un altro Mussolini! Non so quando, forse fra 10 anni, ma el se mettarà in affari co quei della Lega".
Beh... sono passati un po' più di dieci anni ma la previsione fu azzeccata in pieno.
Non è un problema di essere di sinistra o di destra, è una problematica morale. Non voglio scagliarmi solo contro l’attuale governo. Quello di mettere i propri affari davanti a tutti è, ed è stato, un problema della politica anche prima di Berlusconi. Penso alla vicenda “mani pulite” o penso a situazioni che non sapremo mai, antecedenti e successive a quelle vicende.
Ma, politici a parte, mi stupisco della gente comune che si lascia convincere da questo modo di proporsi.
Mi chiedo: o siamo (sono) così ignoranti da non accorgersi che ciò che viene proposto è solo aria, o ancor peggio molti dei voti ricevuti, per esempio dall’attuale maggioranza, provengono da chi ha degli interessi simili o uguali a quelli del premier attuale. E la gente “normale”, quelli che portano a casa dai 600 ai 2500… anche 3000 euro al mese (magari anche di più se con famiglie numerose) dove sono? Chi hanno votato quelle persone? Perché anche molti di quelli hanno votato questo governo?
Mi stupisco poi dei leghisti, che per il federalismo sempre promesso e ancora mai realizzato da B., hanno appoggiato e votato quindi anche il PDL. Cioè non è che mi stupisco dei vertici del partito ma mi stupisco di tante persone sveglie che si sono lasciate abbindolare in questa proposta politica.
Mi stupisco ancora di più dei leghisti perché con la scusa della storia e della propria cultura chiedono diritti che potrebbero essere messi in pratica anche riconoscendo lo stato italiano. Le culture locali fanno parte dell’Italia e non sono indivisibili dal territorio nazionale. Questa smanìa di volersi chiudere in sé stessi porterà danni ancora più gravi in futuro, se non invertiamo rotta subito.

E torniamo al concetto del “facile”: oggi con la scusa delle comodità non si vuol rinunciare più a nulla e soprattutto non si è in grado di farlo.
Con la scusa del facile (il guadagno facile, il divertimento facile, il turismo facile) stiamo distruggendo la natura, anche quella vicina a noi e che dovrebbe essere salvaguardata con ancora più attenzione da chi abita quei luoghi sempre più barbaramente sfruttati.
La crisi che obbliga quindi tutti a risparmiare diventa quindi un peso insostenibile non solo per chi faceva già fatica a tirare avanti (vere vittime di tutto ciò) ma soprattutto per chi aveva un tenore di vita medio alto e dentro di sé non ha la volontà (e la capacità) di rinunciarvi. Ecco che chi andava in ristorante o in pizzeria dalle 2 volte al mese in su, o chi andava al cinema, o chi andava a sciare con regolarità, o chi era abituato a fare “shopping” (termine che mi fa vomitare!) si sente improvvisamente povero. Bene. A questo punto io mi rendo conto di essere sempre stato povero allora visto che a sciare ci vado rarissimamente, molto di più ultimamente da quando ho imparato a non usare gli impianti di risalita; in pizzeria o pub ci vado una volta ogni 6 mesi forse, se per caso capita, se proprio non posso farne a meno e sempre che si spenda poco cioè non più di 20-30 euro; shopping non lo faccio mai, programmo gli acquisti ma non vado in giro per negozi a comprare e neanche a guardare, se non ho interesse a farlo. Potrei continuare con un elenco lunghissimo di cose che sono ritenute normali e che né io, né la mia famiglia mi ha mai abituato a fare.
E d’altra parte sono convinto però di aver avuto tutto dalla vita, anche cose che altri non potranno mai avere.
Anzi, a dir la verità mi sto convincendo sempre più che dobbiamo cominciare a rinunciare di più di quanto si possa fare perché lo impone la crisi. Non dico sulle cose essenziali (è su questo che la crisi grava, su chi non può permettersi l’essenziale) ma su quelle superflue. O almeno dobbiamo valutare con criterio e rispetto morale verso chi non può permettersi ciò che ognuno di noi può permettersi nei confronti di altri meno fortunati.
E ho già cominciato a far rinunce di questo tipo. Certamente è anche troppo che ne parli qui, non voglio essere un santo. Anch’io commetto i miei errori e devo cercare di migliorarmi su quelli, che sono punti deboli nei confronti della società, prima ancora che verso se stessi.
Mi chiedo però perché, pubblicamente tanto quanto posso fare io col mio blog, non sia la nostra classe dirigente ad esporsi e a dire: “Devo rinunciare, devo scegliere la strada più difficile”.
Diciamo infine che, con la sua particolare teoria, tutto questo rientra nel concetto di vita di uno degli autori più controversi e allo steso tempo affascinanti di questi tempi, il montanaro Mauro Corona.

lunedì 17 gennaio 2011

Fuori dal coro... insomma, niente di nuovo



Sarò un po’ fuori dalla norma, sarò un po’ contrario a manifestare con chiasso e confusione i miei stati d’animo ma proprio non capisco la necessità di autocelebrarsi inventandosi nuove occasioni per farlo.
Parlo di voga e parlo della carnevalata di domenica 16 gennaio 2011. Qualche anno fa’ ero convinto che il coordinamento potesse unire le varie associazioni remiere in uno, due eventi sportivi, come lo era, nei primi anni la giornata delle regate del 25 Aprile. Si era ripresa quella giornata che in precedenza vedeva una gara a staffetta tutta attorno alla città e poi è diventata una serie di regate in linea o quasi tra i Giardini e la Salute.
Per vari motivi quella manifestazione è andata morendo ma nel frattempo il coordinamento ha preso sempre più le sembianze di un’associazione vera e propria, piuttosto che un organo tecnico. Sono nate nuove manifestazioni e si è andati verso quella che è l’attuale regata di S.Andrea con svariate caorline al via, ben oltre un numero gestibile ai fini di una gara tecnicamente definibile sportiva su quella distanza.
Si è tentato e si sta tentando di far prendere la forma di rievocazione alla data del 25 marzo (nascita di Venezia) con eventi remieri e carnevalate varie di carattere più leghista che storico.
Ma se un po’ di goliardia in fondo può offendere me ma non far male a nessuno, trovo un po’ forzato il sentire sempre le solite parole e i soliti discorsi: “festa GRANDA, el LEON, SERENISSIMA, SAN MARCO” insomma mi sembra di essere in un regime di tipo oligarchico dove si vuole imporre una certa mentalità, un certo modo di fare, dove credersi importanti e forti conti più di tutto.
 Allora io suggerirei al Coordinamento di cambiare nome, di chiamarsi in modo più appropriato visto che tutta la sua attività ruota esclusivamente su Venezia e poco sul territorio nazionale. Potrebbe chiamarsi “Associazione Remiera Serenissima per la Salvaguardia di San Marco, del Sacro Leon e delle Tradizioni Serenissime” o una cosa del genere, continuare pure a fare le manifestazioni che fa ma non implicare tutto il movimento della voga veneta, perché in realtà la voga si per se, come sport e come tradizione non ha niente a che vedere con la politica o con forzature storiche che non ci appartengono.
Liberissimi dunque di creare altri eventi come quello di domenica scorsa, tanto più che dal video appare quanto mai alto il contrasto fra la forma dei proclami seri e importanti e il risultato estetico cialtronesco: un commediante che potrebbe pensare a fare i suoi lavori in teatro anziché prestarsi a recitare buffonate a Rialto, un rappresentate che parla (grida) in veneziano con la stessa cadenza dei più incalliti frequentatori di osterie invitando i presenti a festeggiare a suon di cibo e bevande, un clima di festa da sagra popolare piuttosto che da manifestazione seria e compita.
Ripeto liberissimi tutti di organizzare qualsiasi tipo di festa. Forse sono io che non ho capito cosa significhi la voga o forse la mia visione della voga si stacca dalla confusione e dalla “cagnara”.
Fosse per me si vogherebbe e basta, non servirebbe organizzare chissà che rinfreschi nel fine gara, qualche patatina o meglio qualche biscotto o una più moderna barretta di cereali, un po’ di acqua, sali minerali (casomai se serve) e poi tutti a casa senza tante cerimonie. Insomma un po’ come avviene nel finale della vogalonga dove viene distribuita qualche bibita. Nel caso di regate vedrei di buon occhi le premiazioni stile regate comunali, sul campo e appena dopo la regata senza tanti fronzoli.
E questo, ripeto, è però solo il mio modo di vedere le cose.

domenica 16 gennaio 2011

Voga in Piedi - Il dopo Toscolano-Maderno

Chi ha seguito sul sito FICSF i vari eventi, saprà che il 6 gennaio si è svolta una gara amatoriale di Voga in Piedi.
Chi scrive ha sperato di partecipare (come società) ma un malanno dell'ultimo momento ha vanificato la presenza. La mia curiosità verso questa esperienza nell'ambito della voga rimane ed anzi, l'ultimo episodio mi è di stimolo per continuare la strada intrapresa.

Fortutamente per il territorio veneziano c'era la "Remiera Meolo" che ha partecipato all'evento. Ecco di seguito il link (dalle pagine della FICSF) della lettera di Alberto Tagliapietra (portavoce delle Remiera Meolo) con le sue impressioni sull'evento.

Sono d'accordo essenzialmente con la sua analisi. Mi permetto di rimarcare la sua posizione riguardo allo scafo VIP750, specialmente agli amici veneziani che guardano con diffidenza la forma di questa barca. Se si pensa ad uno sport e non ad un fatto estetico, è sufficiente che lo scafo sia tecnicamente valido, non che abbia una ricerca dell'estetica a tutti i costi.
Infine sono compiaciuto di leggere le sue impressioni positive sulla visione della FICSF riguardo alla VIP come uno sport e non come un tentaivo di imporre un determinato tipo di voga tradizionale a discapito di altri. Cosa questa che io ho percepito fin da subito, ancora prima dei contatti personali via mail con alcuni responsabili della FISCF. E' quindi confortante e di stimolo che questa mia percezione trovi conferme anche in altre persone, specialmente dopo un contatto diretto.
Sempre sul sito FICSF, a questo link ci sono anche i risultati della gara, questa invece la tabella che mi ha fatto pervenire proprio Alberto Tagliapietra, dove sono specificate le società che vogano "alla veneta".

domenica 9 gennaio 2011

Addio montagne!

Le Rocchette e appena sotto, al centro della foto, tutta la zona che verrà devastata dai nuovi impianti, se verranno costruiti. Il progetto prevede 7 impianti di risalita e ben 16 piste.

Ecco l'articolo del "Corriere delle Alpi" che ne descrive il progetto. Sindaci di Selva e San Vito tutti d'accordo, ovviamente. Notare il titolo "per rilanciare il turismo", non "per devastare uno dei pochi posti rimasti intoccati".
Ecco invece le reazioni del sindaco di San Vito alla lettera del presidente del CAI del Veneto. 
(UPDATE 16/1/11 che non cambia il senso di quanto penso, anzi lo rafforza: ecco il link con tutte le informazioni tecniche ed economiche sul progetto: analisi socio-economica, progetto tecnico


RIFLESSIONE SEMISERIA MIA PERSONALE

Considerati i tempi di crisi, considerato che se il portafogli è pieno è meglio comunque, bisogna cominciare a guardarci dai tentativi di chi ci invita a far un uso anticapitalista del denaro.
Non ha senso preoccuparci per l’ambiente e per le montagne. Tanto sappiamo tutti che le Dolomiti spariranno. La terra intera un giorno verrà inghiottita dal sole e quindi tutte le teorie sull’ambiente sono inutili. Pensiamo solo al guadagno (personale in primis, gli altri in qualche modo si arrangeranno) e troviamo il modo di fare soldi sempre più in modo sicuro, non importa a discapito di chi o di cosa.
Ho notato che ci sono questi polli che si divertono come pazzi a farsi portare su per le montagne in qualsiasi modo purché non comporti fatica fisica. Si divertono a scendere per le piste da sci e poi si divertono anche a mangiare in quelli che considerano rifugi ma che sappiamo benissimo essere solo locali normali ma in quota. E la cosa più interessante è che più chiedi soldi più ti pagano! Meglio di così!
Allora, siccome ce ne sono già impianti in giro per le nostre montagne ma potremmo spillare degli altri soldi ancora pensavo si potrebbero abbattere totalmente i boschi rimasti… magari no, qualche alberello lasciarlo qua e là per fare da cornice pittoresca, vuoi mettere la montagna senza il classico abete innevato! Comunque l’idea è buona. Anzi ottima, c’è già un progetto che dimostra un guadagno netto per la comunità, cioè per me, ma non lo dico, di infiniti milioni di euro all’anno.
Eh, sì… qualche lato negativo c’è. Gli impianti previsti sono talmente tanti che quasi non c’è posto per le piste per la discesa. Ma anche in questo senso mi è venuta un’idea. Si potrebbe fare lo slalom tra i piloni degli impianti di risalita. Basta proteggerli con le protezioni adeguate altrimenti i polli che sciano morirebbero schiantandovisi contro e allora addio guadagno. Però in fin dei conti l’idea è buona. La Salvaguardia certamente non potrà dire nulla. In fondo l amontagna è di suo un Sali e scendi, io lo adatto alle mie funzionalità.
Quei quattro gatti che credono che la natura sia una priorità se ne andranno e non romperanno più le scatole e tutto funzionerà a meraviglia.
Devo dire che mi ha un po’ stupito l’idea di quei non montanari, abitanti della pianura, che stanno pensando di costruirsi le montagne, cioè le piste, vicino a casa. Forse è un po’ troppo pensare di costruire delle montagne in mezzo alla pianura… mmmhh questo è un pensiero un po’ pro-natura: è vero, mi sbagliavo io, è un’idea brillantissima! Anzi proporrò subito anche ai comuni vicini a loro di costruirsi le montagne così poi potrò unire il mio comprensorio al loro e guadagnarci anch’io. Eh già. Se quelli costruiscono le montagne in pianura poi mi fregano i clienti però se collaboriamo… Li pelano loro e li pelo io. Perfetto si. Ci guadagnamo tutti. Ci salviamo dalla crisi. Eh… poi qualcuno dovrà sempre subire le conseguenze ma se uno non ha soldi è ovvio che le subisce.

venerdì 7 gennaio 2011

Nuovi regolamenti per le regate comunali a Venezia, cosa ne penso.


Il ciclo di Rankine è, in termodinamica, un ciclo che si compone di due trasformazioni adiabatiche e di due isobare.
Nella trasformazione adiabatica il sistema non scambia calore con l’esterno, mentre in quella isobara il sistema rimane a pressione costante.
Sarebbe ora opportuno enunciare i principi della termodinamica per capire più concretamente di cosa sto parlando, prima ancora di spiegare cos’è la termodinamica. Esiste wikipedia per cui mi limiterò ad una breve definizione. La termodinamica è quel ramo di fisica (anche della chimica) che si occupa delle implicazioni tra materia ed energia, cioè delle trasformazioni di materia ed energia. Un “sistema termodinamico” è immerso in un ambiente e con esso può interagire. Un sistema termodinamico può essere quindi un apparato ben definito o semplicemente una porzione di universo che si prende in esame rispetto al rimanente ambiente esterno.
Il primo principio della termodinamica riguarda la conservazione di energia e normalmente si enuncia con questa eguaglianza ΔU=Q-L dove U è l’energia del sistema, Q il calore scambiato tra ambiente e sistema e L il lavoro compiuto per riportare in equilibrio lo scambio di energia (in un certo senso per “giustificare” lo scambio).
Il secondo principio è quello che definisce l’impossibilità di creare un “moto perpetuo” e in pratica introduce il concetto di entropia. Attualmente la definizione più usata è “In un sistema isolato l'entropia è una funzione non decrescente nel tempo” anche se esistono varie formulazioni a seconda che si consideri il calore (Clausius) o il lavoro (Kelvin-Planck).
Il terzo principio è in realtà strettamente collegato al secondo e in qualche modo è un teorema vero e proprio che definisce l’entropia, per esempio enunciando che “nello stato a minima energia l'entropia ha un valore ben definito che dipende solo dalla degenerazione dello stato fondamentale".
Per non perdermi ulteriormente con l’introduzione di altri concetti, ho trovato già pronta una spiegazione generale molto sintetica di bilancio energetico di un sistema, utile a completare meglio il quadro sul primo principio dell termodinamica che di fatto è quello che ci interessa parlando di ciclo di Rankine.

(da wikipedia)
Per poter definire il primo principio, in termini di bilancio energetico, c'è bisogno di due postulati essenziali:
  • L'energia non si genera.EG = 0)
  • L'energia non si distrugge.ED = 0)
Da questi due postulati, discende che per un sistema isolato (ovvero senza flussi di energia che vengono dall'esterno) l'energia è costante. L'universo termodinamico è un esempio di sistema isolato.
È utile definire attraverso quali modalità è possibile scambiare energia con il sistema considerato istante per istante, a tal proposito parleremo di:
  • Flusso convettivo: se il tipo di scambio energetico è dovuto alla variazione della massa del sistema considerato a cui è associata un'energia (ad esempio spingendo 1 kg di acqua ad una certa velocità w in una caldaia, questa massa avrà un'energia cinetica, oppure se lascio cadere del liquido da una certa altezza sarà presente un contributo di energia potenziale).
  • Calore: se la causa della variazione di energia del sistema dipende da una variazione di temperatura. Chiameremo tale scambio energetico potenza termica (energia termica fornita al sistema nell'unità di tempo), indicandola con m_puntato_e. L'unità di misura nel SI è, in questo caso, il watt (W).
  • Lavoro: se la causa della variazione energetica è diversa da tutte quelle sopra evidenziate. Chiameremo tale scambio energetico potenza meccanica e la indicheremo con m_puntato_u. Anche in questo caso l'unità di misura è il watt (W).
Premesso ciò, possiamo dire che per un volume interessato da più contributi per ogni tipologia di scambio energetico, il bilancio di energia si può scrivere come:
in cui il primo membro dell'equazione rappresenta tutte le forme di energia del sistema, mentre il secondo membro raggruppa tutti gli apporti energetici (che possono andare dall'ambiente verso il sistema se ricevuti dal sistema o dal sistema verso l'ambiente se ceduti dal sistema). Tale formula può essere scritta anche in forma più compatta facendo ricorso all'introduzione del concetto puramente semplificativo di metalpia:

In particolare il primo membro rappresenta la variazione totale dell'energia all'interno del sistema rispetto al tempo Θ, i termini Q puntato e L puntato rappresentano le potenze termica e meccanica rispettivamente (entranti ed uscenti dal sistema per flusso), mentre gli altri due addendi rappresentano masse che entrano ed escono dal sistema apportando o asportando energia cinetica w^2/2, potenziale gz ed interna specifica per ogni massa u (termini convettivi). Gli scambi di massa in ingresso sono da considerarsi con portata massica m_puntato_e positiva, mentre gli scambi di massa in uscita sono da considerarsi con portata massica m_puntato_u negativa. (fine citazione)

Come dicevo basta cercare su wikipedia per aver un quadro, pur riassuntivo, ma sempre dettagliato degli altri fondamenti alla base di tutto il processo.
Una macchina termica ha delle funzioni specifiche nell’atto pratico, pensiamo ad un motore a scoppio, ad un frigorifero etc. etc. ma funziona benissimo anche sulla carta.
Pensando alle centrali elettriche vien da pensare al solo combustibile necessario per far funzionare le centrali, per cui si dirà centrale a carbone, a gas, a olio combustibile, nucleare etc. etc. ma di fatto il meccanismo di base che fa funzionare una centrale è il ciclo di Rankine o meglio di Hirn, visto che poi si usa surriscaldare il vapore per aumentarne il rendimento.
Nella realtà le cose sono ancora più complesse e ogni impianto ha le sue peculiarità, interessante è capire comunque il funzionamento di base.
Vediamo allora questo ciclo di Rankine.
Innanzitutto questo ciclo può essere “aperto”, cioè con dispersione verso l’ambiente del vapore usato (locomotiva a vapore) o “chiuso” come appunto accade nelle centrali elettriche.
1-    Trasformazione isobara. Il mezzo termodinamico aumenta di temperatura ma resta a pressione costante. La caldaia fornisce calore e aumenta la temperatura dell’acqua che continua a scaldarsi.
2-    Trasformazione adiabatica. Il mezzo rilascia tramite la turbina il lavoro al sistema esterno e passa allo stadio successivo.
3-    Trasformazione isobara. Attraverso un condensatore, a pressione costante viene ridotta la temperatura e “condensato” il vapore che…
4-    Trasformazione adiabatica. …con una pompa viene riimmesso nella caldaia facendone aumentare la pressione (ecco il lavoro esterno che viene immesso nel sistema) e il ciclo ricomincia.

 diagramma T-S del ciclo di Rankine

Il ciclo di Hirn è simile solo che consente di portare il vapore a più alte temperature, in quanto la presenza di acqua nella turbina può danneggiare le pale della turbina stessa. Nel ciclo di Hirn viene rimmesso nella caldaia del vapore che in questo modo può essere portato a temperature superiori. Il limite attuale possibile di temperature del vapore si aggira sui 600°C (620°C se non erro) ed è un limite tecnico, non teorico. Gli impianti nella realtà useranno temperature un po’ più basse del limite tecnico per motivi di sicurezza e di costi.
Questo in soldoni… la dissertazione più scientifica prevede di enunciare più concetti e fare anche qualche ragionamento di tipo “matematico”.

 diagramma T-S del ciclo di Hirn

Forse ho sbagliato, dirà qualcuno, a riportare questo testo su un post che doveva parlare di regolamento tecnico di gare di voga veneta. No, non è stato uno sbaglio. Credo che si potranno fare tutti i passi in avanti che si vorranno sul regolamento delle regate comunali ma di fondo resterà il problema che, a parte pochi regatanti corretti, molti vogatori non lo leggeranno e non lo impareranno mai. Si spera che almeno i giudici lo imparino un po’ meglio di quanto fatto fino ad adesso. La cosa credo non mi riguardi più di tanto, anche se mi era passata per la testa l’idea di poter provare a partecipare al bando per accedere al corso per giudici di voga veneta. Ma ho capito che sarebbe inutile per me, inutile per chi fa regate.
In fondo un regatante e un giudice non sono come un mezzo termodinamico. Un mezzo termodinamico segue per forza e senza scampo le leggi della fisica. In certi determinati ambienti (molti per la verità) le persone tendono a scappare dalle regole e a dettarsele a proprio comodo a seconda di come convenga in quel momento. Motivo per il quale il mio modo di vedere le cose, specialmente quando si tratta di applicare un regolamento, non si concilia con quello della media dei regatanti veneziani.