lunedì 19 settembre 2011

L'ossessione delle regate minori


 Regata sociale su sandoli a 4, Ass. Canottieri Giudecca, forse trofeo De Mattia, forse 1999

Per chi non lo sapesse, oltre al tipo di imbarcazione usata, alla tecnica utilizzata, al numero, età e sesso dei vogatori, le regate di voga alla veneta sono classificabili a seconda di chi le organizza e verso chi sono rivolte.
Tra chi fa regate c’è una classifica d’importanza non ufficiale ma ovvia. Al primo posto ci sono le regate comunali, bandite con atto pubblico dal Comune di Venezia; a queste regate punta chi vuole distinguersi dal grande insieme rappresentato dagli appassionati di voga veneta. Un gradino più in basso ci sono le regate intersociali: sono regate organizzate dalle singole associazioni sportive (o altre associazioni) ma sono aperte agli iscritti anche a società diverse da quella organizzatrice. Infine ci sono le regate sociali: organizzate dalle singole società remiere esclusivamente per i loro iscritti.

C’è da dire che in questa classificazione vanno aggiunte le regate semi-comunali, ovvero quelle gare organizzate da una associazione (non necessariamente una società di voga veneta) e patrocinate dal Comune. Alcune di queste, nel tempo, sono entrate nel calendario delle regate comunali a pieno titolo, altre hanno perso interesse e il Comune stesso non ha più patrocinato l’evento.

Al giorno d’oggi ci troviamo in una situazione particolare dovuta al gran numero di società e di regate a calendario e dovuta al fatto che i praticanti agonisti-amatori sono un certo numero limitato di appassionati, iscritti simultaneamente, ahimè, a molte società sportive.
Il calendario delle regate comunali e una preparazione per queste gare che, nella media, impegna costantemente e senza troppe distrazioni i regatanti, impongono che la maggior parte di regate non comunali si organizzino da settembre ad aprile, salvo qualche eccezione.
Ecco quindi che da metà settembre inizia un fitto calendario che impegna tutti gli appassionati in un modo che io ritengo esagerato ed inutile.
Molti soci chiedono alle loro associazioni di organizzare regate sociali ma spesso, pur accontentandoli, ci si ritrova con un basso numero di iscritti per, essenzialmente, due motivi: 1) i vogatori interessati alle gare minori non sono così numerosi; 2) molti dei possibili interessati hanno già impegni per altre regate di altre società che si sovrappongono dato che non è possibile inventare date diverse.

Questa situazione di stasi e di incertezza fino all’ultimo momento mette in difficoltà chi organizza questi eventi che a pochi giorni dalla gara deve decidere se annullare l’evento (con un mare di proteste dietro l’angolo), se ordinare i premi per poi vedersi annullare tutto, se richiedere l’ordinanza per la navigazione che una volta richiesta non si può annullare, o meglio risulta poi scomodo quando poi queste situazioni vengono a ripetersi continuamente.

Le soluzioni migliori per non incorrere in situazioni di questo tipo sono:
-       non organizzare regate sociali ma intersociali, anche se questa soluzione è più onerosa, impegnativa e vincolante dato che bisogna indire un bando con un anticipo adeguato, telefonare per convincere/informare i vogatori ad iscriversi, dannarsi anche l’anima perché la regata annunciata non venga annullata, fatto che se avviene causa proteste che infastidiscono a morte gli organizzatori
-       ridurre il numero di regate in programma durante l’anno
-      evitare il più possibile le barche a più di due remi, così sarà più facile trovare dai 14 ai 18 concorrenti, anziché dai 42 ai 60 che sono necessari per riempire le caorline. Soluzione un po’ penalizzante da un punto di vista dello spettacolo ma più in equilibrio tra chi vuol partecipare e chi deve organizzare

Avendo provato cosa vuol dire organizzare e partecipare a questi eventi mi sento di dire che la maggior parte delle regate sociali e di quelle intersociali sono inutili .
Un “quasi atleta” non ha bisogno di queste inutili sfide da bar che si concludono in pasta e fagioli, panini, vino e dolci, anzi direi che lo scopo principale è proprio quello di arrivare al dopo gara.Anzi, spesso questi eventi disorganizzano le tabelle di allenamento che seguono sforzi metodici e specifici.
C’è da dire che a me ha sempre dato fastidio la partecipazione “per forza”, il dover iscriversi per far raggiungere il numero di vogatori necessario, il dover farlo “per fare un piacere a qualcuno”.
Solo da un paio d’anni sono riuscito a svincolarmi da questa “morsa” e devo dire che la scelta fatta è quella giusta per me; nel tempo libero della domenica ho ritrovato la mia dimensione che è fatta di laguna ma anche molto di montagna e di strade pedalabili.

Si potrà non essere d’accordo con tutto ciò, ma sono convinto che limitando, quasi azzerando, il numero di eventi non Comunali si potrà far crescere l’attesa per le gare che contano anche tra gli appassionati che in questi anni si sono un po’ intiepiditi, forse stufi di così tante, troppe competizioni che non hanno importanza e “sostanza atletica”.

domenica 11 settembre 2011

Come un pesce fuor d'acqua


Dopo anni di confusione e attaccamento alle questioni legate alla voga veneta, credo finalmente di aver ritrovato la strada giusta per poter osservare questo mondo senza penetrarvi all’interno.

Non è mai facile restare insensibili ad argomenti vissuti in prima persona ma credo di aver capito che restare in uno stato di atrofia sentimentale (limitata alla voga veneta) è l’unico modo per non “soffrire” nel vivere comportamenti e situazioni che hanno poco a che fare con l’intelletto umano.
Insomma in parole povere ho capito, sperimentato, che rimanendo lontani dalle regate di qualsiasi importanza, rimanendo lontani dal commentarle, rimanendo lontani dai cortei e dalle manifestazioni in genere, rimanendo lontani dalle questioni gestionali si può ritrovare la propria dimensione, il proprio giusto rapporto col remo e con l’acqua.
Sono quindi riuscito a rimpossessarmi di quella sorta di voga primordiale che, geneticamente, mi era stata trasmessa dal nonno, senza forzature, senza volgarità (verbali soprattutto), senza quel populismo invadente e di basso rango intellettivo.
Sicuramente non sarei arrivato a questo punto, a questo riequilibrio se non fossi passato per una fase, durata circa 15 anni, durante la quale da un lato mi sono arricchito di tecnica ed esperienze, dall’altro ho potuto vedere e toccare con mano gli eccessi di personaggi che, legati anche loro alla voga, nulla hanno a che condividere con le mie esperienze famigliari e sociali.
Non ne parlo per forza in tono spregiativo, ma nell’ambiente della voga regna una sorta di volgarità che viene sdoganata e viene fatta passare per genuinità e legame con le proprie origini.
Ebbene, se guardo alla storia personale della voga, questa prepotenza verbale (e fisica a volte) non corrisponde a ciò che mi è stato insegnato da casa.
E in questo senso ho sempre odiato le polemiche del dopo gara, del durante-gara, del pre-gara, le polemiche in generale. Non fanno parte di me e non fanno parte della bellezza di vogare, anche se ammetto, per poter sopravvivere all’interno di questo circo, a volte bisogna inventarsi ciò che non si è, bisogna tirare fuori una finta cattiveria, utile solo a indicare i propri spazi, i propri confini, un po’ come fanno gli animali quando gonfiano il petto prima di dover arrivare ad attaccare realmente l’avversario di turno.
Ecco quindi che, anche per motivi legati al tempo a mia disposizione, scrivo solo ora ciò di cui mi sono convinto in questi ultimi mesi.
Dal mio punto di vista (o A MODO MIO) vedo sempre più l’inutilità di organi e associazioni che facciano della voga veneziana il loro vanto e il loro unico scopo di esistenza. Non voglio dire che la voga veneta non vada promossa (nelle scuole e tra la gente) ma dovrebbe esserci meno frenesia mediatica.
Per quanto qualcuno voglia convincerci  diversamente, la voga a Venezia sarà sempre e solo un fatto locale. La voga, la tradizione (nel bene e nel male) ad essa collegata, avrà le sue valenze territoriali specifiche solo qui a Venezia. Senza voler essere migliori di nessuno, mi sento di dire che la voga veneziana a Padova non è voga Veneziana; sarà voga veneta (o all’inpiedi) ma non Veneziana per tradizione. La voga Veneziana esportata nel mondo sarà voga ma non legata a nessuna tradizione locale. Lo stesso vale per tutti gli altri tipi di voga all’inpiedi o seduti che si possano classificare e conoscere.
Quindi suggerirei ai nostri politici locali di non dannarsi per tentare di amplificare al mondo l’immagine della nostra voga. La voga Veneziana continuerà a restare un aspetto tradizionale di ogni veneziano finché ci sarà chi vogherà, finché ci sarà chi, disinteressandosi di manifestazioni e forzature continuerà a vogare per il piacere di farlo, non per i soldi o per apparire in qualche modo.
Dalla mia percezione, nell’ultimo anno, a parte le solite figure onnipresenti, gli organi di promozione della voga hanno avuto un peso mediatico molto minore rispetto al recente passato. Certi eventi stanno perdendo il mordente iniziale e un po’ alla volta interesseranno ad un numero sempre minore di persone. Anche se non sono calate le persone che praticano con regolarità l’attività remiera.
Non ha più senso quindi parlare di coordinamento se non c’è più quasi niente da coordinare. Certe attività del coordinamento potrebbero essere prese in consegna dalle singole remiere (come in parte già avviene). Altre attività sono già semi-coordinate dal Comune.
L’aspetto sportivo (non tradizionale) ha già preso almeno una via interessante.
Non vedo più la necessità di associazioni o altri enti che promuovano (o pensino di farlo) la voga veneziana al di fuori di Venezia.
A livello personale, le polemiche di vario genere mi toccano sempre meno. Probabilmente per disinteresse verso la litigiosità dei miei concittadini, ho seguito con distacco gli eventi di questo ultmo anno e devo dire che in questo modo ho potuto capire quanto di me ho perso in tanti anni passati ad inseguire ideali che… non c’erano.