domenica 9 gennaio 2011

Addio montagne!

Le Rocchette e appena sotto, al centro della foto, tutta la zona che verrà devastata dai nuovi impianti, se verranno costruiti. Il progetto prevede 7 impianti di risalita e ben 16 piste.

Ecco l'articolo del "Corriere delle Alpi" che ne descrive il progetto. Sindaci di Selva e San Vito tutti d'accordo, ovviamente. Notare il titolo "per rilanciare il turismo", non "per devastare uno dei pochi posti rimasti intoccati".
Ecco invece le reazioni del sindaco di San Vito alla lettera del presidente del CAI del Veneto. 
(UPDATE 16/1/11 che non cambia il senso di quanto penso, anzi lo rafforza: ecco il link con tutte le informazioni tecniche ed economiche sul progetto: analisi socio-economica, progetto tecnico


RIFLESSIONE SEMISERIA MIA PERSONALE

Considerati i tempi di crisi, considerato che se il portafogli è pieno è meglio comunque, bisogna cominciare a guardarci dai tentativi di chi ci invita a far un uso anticapitalista del denaro.
Non ha senso preoccuparci per l’ambiente e per le montagne. Tanto sappiamo tutti che le Dolomiti spariranno. La terra intera un giorno verrà inghiottita dal sole e quindi tutte le teorie sull’ambiente sono inutili. Pensiamo solo al guadagno (personale in primis, gli altri in qualche modo si arrangeranno) e troviamo il modo di fare soldi sempre più in modo sicuro, non importa a discapito di chi o di cosa.
Ho notato che ci sono questi polli che si divertono come pazzi a farsi portare su per le montagne in qualsiasi modo purché non comporti fatica fisica. Si divertono a scendere per le piste da sci e poi si divertono anche a mangiare in quelli che considerano rifugi ma che sappiamo benissimo essere solo locali normali ma in quota. E la cosa più interessante è che più chiedi soldi più ti pagano! Meglio di così!
Allora, siccome ce ne sono già impianti in giro per le nostre montagne ma potremmo spillare degli altri soldi ancora pensavo si potrebbero abbattere totalmente i boschi rimasti… magari no, qualche alberello lasciarlo qua e là per fare da cornice pittoresca, vuoi mettere la montagna senza il classico abete innevato! Comunque l’idea è buona. Anzi ottima, c’è già un progetto che dimostra un guadagno netto per la comunità, cioè per me, ma non lo dico, di infiniti milioni di euro all’anno.
Eh, sì… qualche lato negativo c’è. Gli impianti previsti sono talmente tanti che quasi non c’è posto per le piste per la discesa. Ma anche in questo senso mi è venuta un’idea. Si potrebbe fare lo slalom tra i piloni degli impianti di risalita. Basta proteggerli con le protezioni adeguate altrimenti i polli che sciano morirebbero schiantandovisi contro e allora addio guadagno. Però in fin dei conti l’idea è buona. La Salvaguardia certamente non potrà dire nulla. In fondo l amontagna è di suo un Sali e scendi, io lo adatto alle mie funzionalità.
Quei quattro gatti che credono che la natura sia una priorità se ne andranno e non romperanno più le scatole e tutto funzionerà a meraviglia.
Devo dire che mi ha un po’ stupito l’idea di quei non montanari, abitanti della pianura, che stanno pensando di costruirsi le montagne, cioè le piste, vicino a casa. Forse è un po’ troppo pensare di costruire delle montagne in mezzo alla pianura… mmmhh questo è un pensiero un po’ pro-natura: è vero, mi sbagliavo io, è un’idea brillantissima! Anzi proporrò subito anche ai comuni vicini a loro di costruirsi le montagne così poi potrò unire il mio comprensorio al loro e guadagnarci anch’io. Eh già. Se quelli costruiscono le montagne in pianura poi mi fregano i clienti però se collaboriamo… Li pelano loro e li pelo io. Perfetto si. Ci guadagnamo tutti. Ci salviamo dalla crisi. Eh… poi qualcuno dovrà sempre subire le conseguenze ma se uno non ha soldi è ovvio che le subisce.

10 commenti:

A modo mio ha detto...

E se le case costano care a Falcade, forse sarà colpa del fatto che ci sono pochi turisti, pochi impianti, insomma il turismo nel Bellunese fa miseria, non va nessuno in vacanza nelle montagne Venete...
http://carta.ilgazzettino.it/MostraStoria.php?TokenStoria=1305092&Data=20110111&CodSigla=BL

Magari non andasse veramente nessuno a spendere soldi sul territorio... allora vorrei vedere cosa si inventerebbero.
Se nessuno usasse gli impianti di risalita (si, ce l'ho con gli impianti e con le piste) sarebbero costretti a togliere tutto.
Se nessuno andasse a mangiare nei ristoranti, nessuno investirebbe in nuovi locali o nel pubblicizzare quelli esistenti. Non verrebbero rese agibili e asfalatate le strade silvo-forestali, come è avvenuto per esempio nel territorio Cortinese con la strada che da Campo di sotto sale al Palmieri, asfaltata l'anno scorso fino a "malga" Federa. Tze, malga, diciamo malga, ma adesso è una baitina anche quella.

Anonimo ha detto...

Onestamente credo che questo sia il post di una persona che non sa cosa sia la vera "fatica". Oh, "la montagna è fatica", "se non fai fatica non assapori la montagna", certo certo come no.

Si vede che non devi faticare troppo per vivere se puoi sperare di andare in vacanza a faticare. Libero di farlo eh, ma almeno sforzati di pensare che forse, chi il pane se lo suda *con fatica* tutti i giorni, forse durante le vacanze vorrebbe divertirsi senza ammazzarsi di fatica.

Vuoi le montagne immacolate e pure? Bene, ma pensa che forse c'è qualcuno che le vuole cementizzate, sverginate ed impure perchè ci deve vivere e, onestamente, tra un posto incontaminato per te dove passare le vacanze e uno civilizzato dove vivere per qualche migliaio di persone, beh, credo che la scelta dovrebbe essere ovvia.

Dovrebbe...

A modo mio ha detto...

Preferirei comunque una firma, magari anche con uno pseudonimo ma non il totale anonimato. Comunque, visto che questo è il primo commento che non cade in abito "voga veneta" lo pubblico egualmente e rispondo.
Infatti... il post è scritto un po' oltre i toni di un confronto serio.
Anche se non sembra, conosco bene, per studio prima e per lavoro poi, le dinamiche di sviluppo del territorio e le leggi che lo regolano.
Ciò non toglie che il mio disprezzo per chi vuole devastare il territorio è alto comunque, che si tratti di montagna o nel caso mio di laguna, o in altri casi ancora di qualsiasi altro luogo.
Non sono un “verde” o contrario a priori ad un uso regolato del territorio ma dovrebbero esserci dei limiti di decenza.
Odio altresì i termini “cementificazione” e “colate di cemento” in quanto danno una percezione sbagliata su come sia costruita una qualsiasi struttura supportata da pilastri, travi e lame di controventamento in calcestruzzo.
Si può costruire comunque senza avere un impatto ambientale disastroso.
Costruire impianti da sci non è molto diverso dal progettare strade, almeno per il tipo di stesura di progetto e anche per la valutazione di impatto ambientale.
Voglio partire da lontano: prendiamo per esempio in analisi i viadotti dell’A27 tra le uscite di S.Croce e Vittorio Veneto Nord. Sicuramente un’alternativa non impattante era possibile e c’era anche uno studio sulle possibilità di un progetto alternativo. Soluzione nemmeno presa in considerazione visto l’alto costo di realizzazione. In fondo bastava creare una serie di tunnel come per il percorso ferroviario. Se guardiamo bene il treno, che deve seguire pendenze meno accentuate rispetto alle automobili, segue l’orografia delle montagne e praticamente non si vede quasi mai. Il viadotto autostradale, per evidenti ed impellenti necessità politiche ed economiche ha stravolto il paesaggio in modo praticamente irrimediabile. Certo, è rimediabile ma non credo che nessuno ora come ora voglia abbattere l’autostrada e pensare di ricostruirla con rispetto per l’ambiente tutta in galleria.
Arriviamo ora alla montagna. Non so a chi appartenga il commento, se ad un Sanvitese o a un abitante di montagne o a chi in montagna non ci abita. Propendo per le prime due ipotesi.
Sono io per primo a sostenere che un luogo deve essere prima di tutto di chi lo abita, di chi lo vive realmente e non da vacanziere.
Solo che bisogna fare delle considerazioni su che tipo di uso si vuol fare di quel luogo.
La mia idea è di uno sviluppo urbano per migliorarne la fruibilità e la vivibilità ma di lasciar stare le zone al di fuori del contesto abitativo. Certo non è facile vivere in un luogo che necessita di continui sforzi per superare le difficoltà imposte dal clima e dalla geografia stessa ma trovo che se abbiamo deciso di continuare a vivere in un determinato luogo dobbiamo da un lato risolvere certi problemi ma dall’altro adattarci a vivere con un certo tipo di peculiarità.
Ad esempio sarei favorevole al bypass stradale di San Vito. E’ un’opera che resta nel fondo valle e libera il paese da un traffico insostenibile nella stagione turistica, un po’ come hanno fatto in val Pusteria con i bypass, Certo la conformazione della val Pusteria è più agevole in questo senso ma la fattibilità di un progetto del genere c’è anche per San Vito e so che se ne discute comunque. Mi sono forse perso le ultime evoluzioni, dall’estate scorsa, sulla variante previste al Prg ma a quel progetto, personalmente, sarei favorevole.
(continua nel commento successivo)

A modo mio ha detto...

(dal commento precedente)
Faccio un confronto con la mia città. Allo stesso problema si poteva intervenire con soluzioni diverse, si è scelta quella più facile sul breve periodo, ma sul lungo? Sto parlando del Mose per bloccare le acque alte. Diciamo che sul breve periodo il problema più di tanto non c’è: ci si adegua all’uso di stivali nelle giornate di acqua alta, si fa in modo che i locali di pianterreno abbiano ciò che si può rovinare posizionato, stessa cosa per i negozi e le altre attività. Ma il vero problema sta nel futuro. Il Mose è una soluzione inadeguata se pensiamo (o se vogliamo pensare) a salvaguardare Venezia oltre il 2100. Il modo più efficace sarebbe quello di alzare gli edifici, uno per uno. Il sistema esiste e non è fantascienza. Certo, servirebbero più risorse (in realtà in passato c’erano ma tutti avrebbero dovuto rinunciare a molto in favore di tutta la comunità) e servirebbe molto più tempo ma potremmo alzare Venezia senza interferire con la Laguna, cosa invece che (inevitabilmente) farà il Mose.
Veniamo poi al fatto che io il turismo, per come si sviluppa come concetto, lo detesto. Sembra che la gente, in generale, voglia andare a divertirsi invadendo i luoghi che visita, sfruttando il territorio e volendo arrivare agevolmente dappertutto e in più voglia anche essere trattata con i guanti. Non accade solo in montagna, accade anche in laguna. E io di questo ne soffro. Come avrai notato, il mio blog parla essenzialmente di voga perché frequento anche la laguna in barca a remi. Sono sempre più le barche turistiche in estate e sempre più i barconi da trasporto organizzato che mettono in serio pericolo l’attività, millenaria, che è l’andare con una semplice barchetta. Ma la volontà di guadagno degli operatori turistici e la volontà di guadagno degli imprenditori della nautica stanno stravolgendo sempre più la mia amata città e il suo comprensorio.
Venezia sta reagendo in modo contrario alla vita per i suoi abitanti. I costi delle case aumentano, incentivando i veneziani a scappare dalla città di acqua per l’entroterra più economico, i negozi di stretta necessità diminuiscono perché diminuisce la domanda al seguito dei veneziani che se ne vanno e questo innesca anche un ulteriore aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, andando a gravare su chi non lavora direttamente di turismo, o anche su chi lavora con il turismo ma non è imprenditore in questo campo. Insomma i guadagni reali dell’indotto provocato dal turismo vanno sempre ai soliti mentre la maggioranza soccombe.
Credo che, con il modo che avete di concepire il turismo avrete le stesse conseguenze nel giro di una ventina d’anni. E io, sinceramente, non voglio che la montagna si spopoli dei suoi abitanti.
Mi immagino un turismo che sia consapevole del patrimonio naturalistico in cui viviamo. In montagna, a differenza della pianura, si è ancora fatto poco per incentivare un turismo di tipo culturale e accademico. Tutto sommato la riqualificazione degli itinerari di guerra (in ambito estivo) vanno nella direzione da me auspicata. Sarebbe necessario far capire alla gente che questo modo di andare in montagna è possibile anche d’inverno. Invece, appunto, il turismo gioca sulla domanda. Ovvio che se tutti i “turisti” fossero come me non ci sarebbe domanda di impianti ed eventuali impianti aperti fallirebbero.
Non capisco poi perché non si possa andare in una direzione più orientata ai parchi e rendere parco tutta la montagna oltre i 1400-1500m del Cadore (e anche del Cortinese ma ai Sanvitesi non riguarda). Certo i limiti sarebbero maggiori ma avrete salvaguardato dalla speculazione turistica di massa un patrimonio unico quanto quello che ho vicino a casa mia, a Venezia dove anche qui il far diventare parco un pezzettino di laguna trova muri impenetrabili negli imprenditori che operano nel turismo.
(continua)

A modo mio ha detto...

(dal commento precedente)
E veniamo al concetto di fatica. Qui potremmo avere un modo diverso di concepire l’idea di fatica. Per me far fatica non significa solo far fatica quando si lavora. Se proprio voglio riposarmi fisicamente me ne sto a casa mia, magari a letto. Succede però che per riposarmi e staccare dalla fatica imposta con altri ritmi ben più forzati dal lavoro, ho bisogno di far fatica fisica in rilassatezza mentale. Ecco dunque che il mio andare in montagna è solo la punta dell’iceberg della fatica che uso per rilassarmi, visto che abitualmente da quando avevo 15 anni faccio sport agonistico (ora un po’ meno a dir la verità, per motivi di orari di lavoro). Fare sport impegnato significa sacrificare per gli allenamenti, soprattutto il tempo che resta a disposizione anche controvoglia. Eppure questo per me è riposarmi. Probabilmente e fortunatamente se sto in poltrona o a letto significa che sono ammalato.

Spero anche il tuo commento sia un po’ provocatorio: mi rammarica pensare che, dovendo scegliere o un luogo incontaminato o un luogo ipersfruttato, per comodità si scelga il secondo. Io onestamente, di fronte ad una scelta simile preferisco adattarmi alle difficoltà piuttosto che rovinare ciò che la natura ci ha regalato. Nel mio lo faccio già e non mi lamento. I problemi della vita sono altri e molto più gravi di dover pensare a divertirsi con le piste da sci o con le barche a motore, con i ristoranti e con le discoteche.
(fine)

Anonimo ha detto...

Il tuo modo di intendere la fatica era chiaro, per me va bene, della tua vita puoi fare quello che vuoi. Ti diverti faticando? Lo capisco, anche io ho pratico molto sport a livello agonistico. Però io non voglio imporre la fatica agli altri.

Se uno vuole divertirsi senza fare fatica è liberissimo di farlo. Non solo è libero di farlo, ma sopratutto non lo giudico per questo. Vuoi passare la vita ammazzandoti di fatica? Affari tuoi! Vuoi vivere su un divano giocando alla PSqualcosa? Ancora affari tuoi!

Il problema è quando si passa al "la montagna è fatica" o al "si deve faticare in montagna" ad altre cavolate alla Mauro Corona. L'essere umano ha storicamente cercato di evitare la fatica e, mi ripeto, solo ora che possiamo permettercelo ci possiamo vantare di "fare fatica", o che "la fatica è la grande livellatrice" come dice Corona. Giochi di parole.

Per tornare in tema, da noi in questi anni si è pensato a lasciare il territorio a se stesso, un po' come auspichi tu. Beh, c'è una brutta notizia, mamma natura crede nell'entropia, quindi la situazione è peggiorata. I boschi invadono gli abitati, ci sono frane e slavine quindi, mi spiace, ma quello che sicuramente non vuole un Cadorino adesso come adesso è un "bosco protetto". Per la cronaca, ai tempi dei miei nonni, non c'erano boschi, si falciava tutto per dar da mangiare al bestiame.

Infine, l'idea del collegamento di per se è buona, è stata ritenuta fattibile dal centro valanghe Arabba e sarebbe una possibilità di ritorno economico per una vallata che ha poche alternative, sopratutto perchè il turismo come lo intendi tu potrà anche essere poetico e romantico, ma porta poco da mangiare.

In Cadore si è scelto, secondo me sbagliando, di tornare al turismo. Se tutto il Cadore vuole vivere di turismo, mi spiace, ma non si può pensare di fare parchi e boschetti, perchè non offrono un ritorno adatto a sfamare la popolazione.

Per quanto riguarda l'anonimato, non credo sia un problema. Non credo che il contenuto delle mie parole cambi a seconda che metta una firma o l'altra.

Un cadorino anonimo.

A modo mio ha detto...

(parte 1)
@Anonimo Cadorino: Se usi questo pseudonimo può comunque andare meglio che un Anonimo e basta. Non pretendo che nessuno pubblichi nome e cognome se non ne ha voglia.
Nel caso volessi contattarmi di persona, come hanno fatti altri miei visitatori, puoi lasciarmi un indirizzo mail in un commento che non pubblicherò ma risponderò con la mia caasella di posta personale dove allora apparirà anche il mio nome. A dir la verità ormai tutti i miei commentatori mi conoscono anche di persona, magari più avanti potrei linkare il mio profilo di Facebook... boh, vedremo.
Vorrei "resettare" un po' questo tuo approccio al blog e il mio approccio a questi discorsi e verso i montanari in generale.
Come già scritto sul commento precedente, questo post l'ho scritto volutamente in modo esagerato e non è certo il modo per aprire al meglio eventuali discussioni su argomenti importanti e delicati come sviluppo e salvaguardia del territorio.
Apprezzo che un cadorino abbia commentato il mio blog, almeno so che qualcuno, oltre il "mio mondo" lo vede e magari in futuro continuerà a leggerlo, spero. Prossimamente pubbliherò altre riflessioni sulla montagna, magari meno aggressive ma che riguardano il mio modo di approcciarmi all'alpinismo e al territorio alpino e cadorino, in particolare.
Io sono un veneziano "di acqua" ma senza la montagna non avrei portato avanti la mia passione per la barca, anzi per la laguna, così come la vivo dall'adolescenza. Sono due aspetti per me complementari.

Volevo solo fare delle precisazioni, visto che questo è il mio blog personale e non rappresenta per forza una linea di pensiero comune, riguardo alla mia percezione e al mio modo di vivere certe esperienze.

Non ho una concezione univoca divertimento=fatica, ritengo casomai che per divertirsi basti poco e non serva antropizzare l'ambiente più di quanto già è stato fatto e di quanto si fa per scopi invece lavorativi. Sarà che la mia visione di divertimento è molto meno complessa della media ma ho trovato la mia dimensione in un divertimento senza fronzoli.
Al di là del carattere personale che evita feste, sagre e riunioni di gruppo, specialmente dove è quasi obbligatorio ballare, cantare e far baldoria, credo che per rilassarsi non serva produrre più anidride carbonica di quella che ci serve per respirare. Se devo rilassarmi, mi fermo e mi siedo, mi distendo su un prato in montagna, sulla sabbia di una spiaggia, o semplicemente su un panchina di un parco o su una poltrona di casa. Io non capisco perché (e di questo ne discuto spesso con i miei amici) un turista cerchi le comdità esagerate. Io non vivo nel lusso ma casomai "sul filo del rasoio" come molti altri esseri umani che hanno la fortuna di non vivere di miseria e povertà reale ma nonostante non sia facile far quadrare i conti per vivere non desidero lusso e trattamenti particolari: a me appunto basta una sedia se voglio rilassarmi.
Vorrei allontanare da me l'idea assolutamente romantica e poetica dei luoghi; o meglio: un luogo può essere romantico e poetico ma non si può pensare che questo basti per migliorare il territorio. Certo che trovo molto più utile fermarsi a guardare un tramonto o un alba (non importa dove, anche da casa mia) piuttosto che passare una giornata intera a spendere per divertirmi e tentare in questo modo di rilassarmi.
(continua in "parte 2")

A modo mio ha detto...

(parte 2)
Sul concetto di montagna=fatica il discorso è più ampio. Da un punto di vista personale è vero ma è vero anche laguna=fatica (altrimenti non vogherei), pianura=fatica, città=fatica... insomma uomo=fatica.
Non intendo però solo la fatica fisica ma uno sforzo a non esagerare nel consumo di risorse ambientali. Mio nonno, nonostante avvesse passato 10 anni in Marina tra servizio militare prima e guerra poi, non mi ha mai insegnato a volere per forza la strada più facile. Soprattutto mi ha sempre insegnato ad avere riguardo per la natura. E certamente mio nonno, prima di partire per il militare, faceva il pescatore e il cacciatore andando in barca a remi e non a motore: io magari di fatica in confronto a quello che ha passato mio nonno, non ne so più di tanto ma rifletto sempre molto sui suoi insegnamenti. E' vero che l'uomo per sua natura è portato a semplificarsi le azioni quotidiane (pensiamo solo all'invenzione della ruota) ma al giorno d'oggi è bene fare i conti con le risorse che abbiamo e far in modo di preservarle il più possibile.
Una casa costruita con criteri di bioedilizia, non conta solo il materiali che poi la renderanno più efficiente energeticamente ma deve minimizzare anche l'energia totale spesa per costruirla (per esempio anche le ore di moto dei mezzi e il loro consumo energetico).
In questo senso anche costruire in modo più ripettoso per l'ambiente significa fare fatica.

E pensando a Mauro Corona devo dire che non ne condivido appieno lo stile di vita, anche se ci sono spunti comunque interessanti dal mio punto di vista, spunti che non ho copiato da lui ma che già mi appartenevano ancora prima di sentirlo. Io poi non sono uno che va ad ubriacarsi in osteria ma questo sarebbe un'altro tema che magari un giorno affronterò sul mio blog, visto che anche dove abito io c'è gente simile.
(continua su "parte 3")

A modo mio ha detto...

(parte 3)
Territorio: non per fare il "saputello" ma conosco anche come si estende la vegetazione se non la si controlla. Per progettare edifici e programmare un piano territoriale bisogna tenerne conto in modo primario. Dal mio punto di vista sarebbe più giustificabile un taglio del bosco misurato e consapevole (al fine di preservare il territorio da frane e smottamenti) per usare le aree liberate a pascolo. Chiaramente dal punto di vista economico l'indotto sarebbe molto minore di quello turistico ma magari riuscendo ad abbinare pascolo, agricoltura e turismo in modo sinergico (es: portiamo la gente a vedere come si vive di pascolo e insegnamo loro un modo diverso di usare l'ambiente da quello voracemente rivolto al divertimento). A San vito c'è la muraglia di Giau e attorno a questo segno ricco di storia si potrebbe attirare turismo non impattante sull'ambiente.
Insomma, anche qui con più "fatica" ma credo si possano trovare soluzioni più compatibili per l'ambiente e legate di più alla popolazione residente e anche in favore di un turismo più consapevole.
Per fare un paragone con la "mia" laguna mi vien da pensare (cosa proposta realmente ogni tanto da qualche imprenditore con attività legate al porto) ai tentativi di far scavare nuovi canali sulle secche "così le imbarcazioni dei turisti che non conoscono bene la laguna non si incagliano nei canali più stretti". Ma che senso ha? Poi in qualche modo la natura si ribella e succede quello che è successo dopo lo scavo del canale dei petroli negli anni '60: sono sparite barene e tipicità florofaunistiche locali (i vostri biotopi) perché la maggiore velocità di entrata delle correnti e lo spostamento dei flussi ha cambiato radicalmente tutto l'ecosistema.

SUllo studio degli impianti: da ingegnere posso dire che il progetto, per quanto ho visto io su internet, è chiaramente esposto in modo favorevole alla sua realizzazione. La relazione sull'impatto economico poi dovrebbe anche tener conto di cosa ne pensano i turisti, cambierebbe poco ma ci sono delle "falle". Il progetto tecnico, come per una strada, giustifica il tutto entro i parametri normativi anche se un tecnico paesaggista (da me interpellato) potrebbe trovarne piccoli difetti di forma e normativo in più di qualche particolare.
Per quanto riguarda il versante di Selva, l'Arpav pone dei dubbi su alcune piste che sarebbero esposte al pericolo valanghe. Quindi se dal lato San Vito, da quel punto di vista sarebbe tutto sicuro, dal lato Selva, ci sarebbe solo una pista realmente priva di pericolo.

Personalmente poi non sono d'accordo ma si capiva. Negli ultimi anni, proprio per evitare incontri "umani" vado spesso sotto le Rocchette da San Vito e mi fermo spesso a rilassarmi (ecco che non faccio solo fatica) a Cianpolongo. Beh... permettitmi che a me sembra abominevole pensare di arrivare lì e vedere una riga di piloni che taglia quel posto. E questo però è un mio aspetto, tu mi dirai che invece non vedi l'ora che Cianpolongo venga antropizzato. De gustibus... forse.

Spero comunque di vederti ancora sul mio blog, considerando però che è un blog personale e quindi certe considerazioni non sono per forza rapportabili ad un pensiero di massa. Non ho l'assoluta intenzine di cambiare il mondo con questo mezzo mediatico ma magari poter contribuire alla riflessione globale. E magari spero anche di imparare anch'io da chi mi commenterà.
(fine)

A modo mio ha detto...

Aggiungo il link al nuovo post, scritto appositamente per dare un contributo non esasperato alla questione