giovedì 9 dicembre 2010

Semplicità

Era il 26 Gennaio 2008 quando  è venuto a mancare uno degli artigiani veneziani più cari a chi possiede una tipica imbarcazione lagunare in legno, in particolare a chi è proprietario di una "sampierota".

Inutile spiegare cosa sia la passione verso un mondo acqueo legato anche alle sue barche, la passione verso il mantenimento di queste opere semplici e sagomate su ogni dettaglio dall’esperienza di generazioni di squeraroli. E’ una di quelle cose che ho dentro di me, da quando sono nato, nel bene e nel male. Insomma, credo che avere una barca in fasciame sia paragonabile all’essere sposati. Bisogna stare attenti che non si secchi troppo, ma che non prenda neanche troppa acqua; ogni anno, come per le persone, invecchia e cambia il modo di reagire in acqua, diventando sempre meno rigida, fino a che non è necessario sostituire qualche pezzo.
Se si va via per lunghi periodi bisogna lasciarla a persone fidate, ma che non la conoscono nei minimi dettagli e quindi, in buona fede, qualcosa di male gliela faranno sicuramente. E tutto questo a volte stressa!! Anche se senza ci si sente un po’ più soli...

Ma torniamo all’artigiano morto ormai due anni fa’, il signor Piero Menetto di Pellestrina. A descriverlo in questi anni varie persone, tutte accumunate dalla stessa passione per la cantieristica tradizionale.
Personalmente l’ho conosciuto quando nel 2004 ho portato a fare manutenzione alla mia barca (che allora aveva 37 anni) e alla quale sono morbosamente affezionato (era la barca del nonno, con la quale ho imparato tutto quello che so sull’andare per la laguna).

Ho deciso di portare lì la barca perché dovevo controllarla personalmente raschiando tutta la vernice, da tutte le parti, per poter vedere se necessitava di interventi straordinaria di manutenzione. E proprio per poter eventualmente fare la manutenzione pesante mi serviva un artigiano esperto. La mia barca era stata costruita nella patria delle "Sampierote" a San pietro in Volta nel 1967. Purtroppo quel cantiere ormai non esisteva più, ma la persona che ne aveva ereditato l’esperienza era Piero Menetto che il suo cantiere ce l’aveva poco distante (ma non mischiate Pellestrina con San Pietro in Volta, si offenderebbero a morte).
I cantieri veneziani, del centro storico di Venezia, non erano in grado di fornirmi la capacità di interagire con la mia barca durante i lavori (per giuste norme di sicurezza) e in più la differenza da un punto di vista del portafogli era notevolmente a vantaggio del lontano (per me) cantiere Pellestrinotto.
Da subito mi era stato detto che era difficile convincere Piero a farsi fare un lavoro; nonostante questo mi ha dato la possibilità di farmi da solo tutto ciò che volevo. Raschiando tutta la barca, ho trovato dei pezzi che andavano sostituiti. Ho cercato quindi di convicenrlo a farmi il lavoro. Mi ha lasciato di stucco la sua risposta, con quell’accento tutto particolare che hanno a Pellestrina: (traduco)"I pezzi te li faccio, ma grossolani; in questi giorni ti ho visto lavorare e sei bravo, puoi tranquillamente montarli tu, poi io controllo come li hai messi, e se proprio non ci riesci, ti do una mano".


Nei giorni successivi mi ha insegnato anche come richiodare il fondo e mi ha svelato qualche piccolo trucco sull’uso del martello (che pensavo già di saper adoperare) e mi ha fatto i complimenti per come mi dipingevo la barca: "E più bella di un mobile..." (ma è un complimento?!).

Il problema, pensavo, sarebbe arrivato alla presentazione del conto. In fondo ho occupato il suo cantiere per 2 mesi (eh, non potevo mica andare tutti i giorni, tra andata e ritorno ci volevano 3 ore), mi ha fatto 4 ordinate nuove e altre piccole-grandi riparazioni; facendo un po’ di conti in un cantiere più vicino a Venezia avrei speso sui 3000 € più la verniciatura che non avrei potuto fare da solo, insomma sui 5000 €.

Invece sorpresa 180 €!! Invano ho cercato di lasciarne almeno 500, non ha voluto.

Di quel periodo passato nel suo cantiere ho i ricordi un po’ anche contrastanti della vita che trascorreva lontana apparentemente da tutto.
Di una vita (la sua) semplice e senza fronzoli, ma non per questo insensibile alle cose belle e piccole. Con la stessa cura e decisione tagliava le tavole, impiantava i chiodi o dava da mangiare ai gattini, figli della sua gatta. E con la stessa abilità e generosità ti portava qualche “cicchetto” o ti offriva un pasto completo.
Riceveva in continuazione visite, quasi a scandire le ore al posto dell’orologio, da parte di persone di qualsiasi tipo (dal vecchio pescatore all’ingegnere ancora in attività, dai pescatori agli appassionati di vela al terzo, amici d’infanzia e parenti.
Sembrava di essere in un’isola a sua volta all’interno di una piu grande (Pellestrina).
Venendo via, da una parte ero contento di "tornare alla civiltà", dall’altra mi sembrava di lasciare un pezzettino di me in quel posto...

Credo che Piero fosse uno di quelli che aveva in sè la filosofia del "TOGLIERE", ma questo è un altro discorso. Sarà per un’altra volta.

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