martedì 21 maggio 2013

Vogalonga internazionale

parte superiore: nessuno... durante una mia uscita (archivio personale)
parte inferiore: ingorgo durante la 39° Vogalonga 2013 (da La Nuova Venezia On Line)

Da qualche anno ho capito che la Vogalonga, per com’è oggi, non fa per me. Mi rendo conto che il mio modo di vedere le cose non è condiviso da molti. Non voglio però essere per forza negativo o contrario a questo evento. O almeno credo non abbia senso esserlo. Non vorrei passare per quello che deve per forza avere delle idee diverse, per quello che deve andare contro la massa, non è questo il nocciolo della questione.
In questo blog ho spesso criticato, esponendo delle mie opinioni (non verità assolute, solo mie idee), vari aspetti della voga legati al comportamento delle persone, al rispetto delle norme, agli aspetti morali che spesso latitano in questo ambito sportivo.
La cosa essenziale da accettare è che l’attuale Vogalonga ormai è una manifestazione internazionale amatoriale nell’ambito sportivo ma a questa, per decenza, sarebbe il caso di non assegnare significati diversi da quelli sportivi, soprattutto non è più un richiamo al rispetto verso la laguna, anzi forse è anche questa un segno dell’invasione turistica che noi veneziani subiamo sempre più. Va bene dunque parlare di gemellaggi, di ricorrenze ma sarebbe opportuno darle un nuovo valore, un nuovo significato, diverso da quello delle prime edizioni. Oltretutto la non proprio economica iscrizione (20€ a persona quest'anno per una medaglietta) va un po' oltre lo spirito di solidarietà verso la venezianità tradizionale messa in discussione dalle onde delle barche a motore e fa pensare piuttosto che chi organizza questo evento pensi a guadagnarci qualcosa, tanto quanto fanno le altre categorie che vivono di turismo (qui qualche riferimento alle polemiche sul costo di iscrizione).
All’attivo ho 13 Vogalonghe (o forse 14, non riesco a ricordare con precisione), portate a termine in vari tipi di imbarcazioni Veneziane, in diverse posizioni di voga tra cui anche un paio alla valesana. Le ultime due alle quali ho partecipato (2009 e 2010) hanno segnato un po’ il limite rispetto la mia opinione sul significato di questa manifestazione.
Perché si decide di partecipare ad una manifestazione sportiva/amatoriale com’è la Vogalonga? In primo luogo per curiosità, poi per autocompiacimento, per abitudine, anche probabilmente per una sorta di tendenza al protagonismo. Nel mio caso le prime vogalonghe le ho fatte perché rappresentavano una sorta di prova di forza con se stessi ma in qualche modo certificata e ufficializzata. Successivamente è subentrata l’abitudine, poi una sorta di volontariato per accompagnare chi non avrebbe potuto portarla a termine in solitaria e cercava disperatamente un ultimo uomo per chiudere l’equipaggio o un compagno con cui condividere i circa 30km.
Come dicevo, in particolare nelle ultime due edizioni alle quali ho partecipato, mi sono spesso ritrovato a vogare sempre più negli ingorghi creati nei soliti punti da equipaggi non all’altezza. Vogare e capire che molti vogano pur non avendone le capacità e le conoscenze necessarie per muoversi in laguna mi ha un po’ estraniato da questo contesto di festa generale.
Le prime vogalonghe dovevano sensibilizzare i veneziani rispetto al problema del moto ondoso che già a metà degli anni ’70 cominciava a sentirsi. Ora è chiaro che la Vogalonga non restituisce la possibilità di vogare in tranquillità e senza onde: spesso la parte più complicata di tutta la manifestazione è il rientro verso la propria “base” e di questo aspetto dovrebbero tenerne conto le autorità per il futuro. Una proposta potrebbe essere quella di bloccare la navigazione a motore in tutta la laguna compresa da Burano fino al Lido, passando per il Tronchetto, per tutta la giornata della maratona remiera.
Per rimanere più sul personale, devo dire che non capisco bene il senso di festa che vivono in molti durante questo giorno. Quest’anno sono andato a vedere l’arrivo di qualche decina di imbarcazioni per capire proprio gli stati d’animo. Effettivamente in molti era presente quella caratteristica voglia di far festa che a me proprio non si addice.
Tra le molte persone a terra regnava l’ignoranza assoluta in termini nautici sia locali, sia generali (un esempio su tutti: una signora veneziana che con saccenza spiegava al nipotino che quella barca con 16 vogatori con le pagaie -un dragonboat con un equipaggio ridotto- era una “sedesona”). Però tutto fa brodo e in questa Venezia super sfruttata dal punto di vista turistico, tutto viene macinato e tutto è permesso.
Constatato ciò, mi sono detto ulteriormente soddisfatto di non avervi partecipato.
Dunque, io che posso, la mia vogata lunga posso farla quando voglio, dove voglio, scegliendomi orari e scenari liberi dai motori, o nella “mia” laguna centrale, o tra le barene della laguna nord o spingendomi giù, verso Chioggia, verso le valli da caccia che hanno contraddistinto la giovinezza “remiera” dei miei parenti.
Per me la vera “festa” in termini di voga è il poter andare da solo per la laguna senza possibilmente incrociare nessuno per molte ore. Oppure è il sentire la fatica mentre si sta lottando col cronometro per migliorare il proprio limite. Oppure ancora è il poter osservare il mutare delle condizioni meteo, sapendo che lì, da soli, si è piccoli di fronte alle prove di forza della natura e per questo bisogna rispettarla e non sfidarla inutilmente.
Detto ciò, non escludo che un giorno possa ritornare a solcare le acque della Vogalonga, ma dovrà esserci uno scopo che mi faccia dimenticare il disagio che mi causa il vogare in mezzo ad estranei che non comprendono e non rispettano il significato che può avere la voga per chi l’ha sempre vissuta come un avvicinarsi al proprio territorio con le sole proprie forze.

martedì 14 maggio 2013

Inizio sì, inizio no.

La gondola bianca taglia il traguardo per prima a S. Nicolò, io invece  me ne ritorno verso casa, a piedi, con un cielo minaccioso che sta scaricando acqua a poco più di dieci chilometri da Venezia. La prima regata delle stagione 2013 è già conclusa e tutto è filato liscio. Dal punto di vista agonistico la gara è andata come me l’aspettavo: due barche superiori alle altre, un equipaggio formato da giovani sotto la scuola di un super-veterano delle regate comunali e poi gli altri, chi prima, chi dopo ma più o meno me l’ero prefigurata in quell’ordine.
Ora, chi può farlo, si prepara alla regata di S. Erasmo. Tutto nella norma apparentemente. In realtà quest’anno la regata della Sensa è stata in forse a causa di una situazione che si protrae da lungo tempo. Da un lato il Comune che si vede costretto a far quadrare i bilanci tagliando le spese superflue, dall’altro i regatanti che chiedono più attenzione e più soldi.
Problema fastidioso questo perché chi non conosce  la voga agonistica veneziana trova ovvio che si taglino spese non essenziali, mentre  chi voga in queste regate vorrebbe più soldi a controbilanciare il tempo e il denaro dedicati alla preparazione per queste gare.
Da anni il Comune ha promesso di trovare risorse, sponsor privati ed altre soluzioni per far fronte a queste spese e, da qualche anno, prima dell’inizio della stagione ci si ritrova con premi ridotti, proteste varie. Quest’anno il comune si è spinto un po’ oltre andando a tagliare la regata di Malamocco (su caorline per gli uomini e su mascarete per le donne), ha spostato la regata di Mestre (che apriva la stagione) a fine settembre. Per recuperare una regata femminile ha inserito le mascarete alla regata della Sensa… insomma cambiamenti che hanno preoccupato i regatanti, già alle prese con novità, dopo l'elezione del direttivo della loro associazione.
Quest’anno a pochi giorni dal via della stagione, dal Comune non erano state date le sufficienti garanzie per garantire lo svolgimento regolare della stagione e per questo motivo si prospettava uno sciopero dei regatanti. Sciopero disdetto proprio al sabato dopo un incontro col sindaco e altri responsabili che ha dato le garanzie necessarie. Io personalmente non ero presente a questo incontro ma ho l’impressione che sul tavolo attualmente non ci sia nulla di fatto e che anche modificando il regolamento delle gare per permettere la presenza di sponsor non si riesca a ottenere finanziamenti sufficienti. E ho come l’impressione che, per quanta buona volontà ci sia da parte delle istituzioni, poco potranno fare.
Il problema è quindi complesso perché se è vero che i regatanti vogano per passione, c’è da dire che più forti sono, più sono legati all’aspetto del premio monetario. Tanto che mentre i cosidetti "campioni" hanno da regolamento dei premi, i regatanti minori (la serie B cosidetta) voga per una medaglietta d’oro. Personalmente, se mai tornassi a vogare, vogherei anche per nulla perché la passione dal mio punto di vista è essenzialmente questo. Diciamo che ancor prima del budget per i premi i regatanti dovrebbero risolvere la questione relativa a trattare tutti i regatanti di tutte le categorie allo stesso modo o comunque riconoscere lo sforzo dell’allenamento anche a chi non riesce a primeggiare nella massima categoria.
C’è però da riconoscere un aspetto fondamentale. Le regate di voga alla veneta non sono gestite dall’assessorato allo sport ma da quello al turismo (e tutela delle tradizioni). Quindi se si debbono tutelare delle tradizioni non si può pretendere che si metta in piedi un apparato in modo totalmente volontario.
Siccome questo aspetto è simile ad altre manifestazioni popolari, mi sono informato su come funzioni il Palio di Siena: le singole contrade hanno un budget di circa 200.000€ all’anno, fornito essenzialmente da privati. Le contrade in tutto sono 17.
Questo aspetto a Venezia non è pensabile perché i tempi sono cambiati da quando c’erano rivalità fra sestieri, la gente col tempo si è “mescolata”. Non è neanche fattibile attualmente una gestione che faccia riferimento alle singole società sportive perché i regatanti spesso vogano contemporaneamente in più di una società, diciamo che essenzialmente vogano per se stessi. Attualmente credo che chi può far molto per trovare una soluzione in accordo con le autorità competenti sia proprio l’associazione regatanti. Col nuovo direttivo credo che possano fare un bel salto in avanti. Il primo segnale di una svolta credo sia il fatto che stiano cercando di affiliarsi al CONI tramite un ente di promozione opportuno. Insomma, una visione più sportiva e inquadrata nelle norme. Che sia finalmente il punto di svolta per la voga veneta agonistica?
 
PS: per chi non lo sapesse, per “voga veneta agonistica” intendo solo ed esclusivamente quella delle regate Comunali di Venezia. Le regate sociali e intersociali e altre forme di regata non formalmente canonizzata, sempre in ambito prettamente Veneziano, dal mio punto di vista rientrano nell’aspetto amatoriale e dilettantistico.