domenica 13 novembre 2011

Rispettiamo le regole...ma prima lo facciano gli altri!


Mentre ieri seguivo le vicende politiche italiane e contemporaneamente mi ficcavo in un “cul de sac” mediatico sul blog di Remiera Casteo pensavo a come il nostro modo di comportarci venga visto e interpretato dalla gente e come tutto questo possa avere echi diversi a seconda del livello di “mediazione” (nel senso di passaggio attraverso i media).


Ma, mentre le notizie nazionali hanno trasformazioni molto complesse, a livello locale e in un settore di nicchia come la voga a Venezia certe cose vengono rimacinate in continuazione senza poi un reale passaggio dai media ad un qualcosa di concreto. Un media, nel caso del piccolo mondo dei remi, è anche lo scambio verbale di opinioni che possiamo avere con i nostri conoscenti e amici.
Il malcontento che regna nelle regate, a momenti più o meno evidenti, è spesso tema di discussioni e scambi d’opinione. Nel corso degli anno ho spesso riscontrato opinioni incentrate su questo tema: nel mondo della voga l’onesta (intellettuale e non) delle persone non esiste, è un mondo dove tutti cercano di trarre il più grosso vantaggio per se stessi fregandosene degli altri, in pratica secondo l’opinione di molti, un mondo di ignoranti. E, aggiungo io, tutto questo viene compiuto per niente, nel senso che vincere una regata non vale praticamente nulla nella vita, se non che per se stessi.
Questa opinione comune l’ho sentita pronunciare, con sfumature magari un po’ diverse, da moltissimi regatanti, vogatori amatoriali, amici e parenti degli uni e degli altri.
Come sappiamo il mondo della voga è formato da poche persone. Nel 2002-3 (quando seguivo meglio anche i “numeri” in gioco) gli uomini che provavano le eliminatorie (qualificati e non) di tutta la stagione comunale erano circa 130-140. Le donne più o meno 40. Supponiamo che per ogni “regatante professionista” ci siano 5 altre persone pronte a commentare più un arrotondamento, in tutto siamo a quota 900. Facciamo 1000 magari di più, mettiamo 2000 con parenti e amici.
Duemila persone che più o meno sono d’accordo sul fatto che nessuno vuole e/o è in grado di rispettare le regole.
Allora mi sorge un dubbio. Ma se sono sempre gli altri a non rispettare le regole, di chi è la colpa del fatto che il mondo delle regate non sappia essere credibile? Lasciamo stare la questione gestionale. Una volta definite delle norme (qualsiasi tipo, anche le più assurde) sarebbe tutto sommato semplice adeguarsi e rispettarle. Perché non è possibile farlo?
Ovviamente qualcuno, sentendosi chiamato in prima persona a rispondere, dirà di chiedere al suo avversario che a sua volta rimanderà al mittente questi intendimenti. E ognuno di loro dirà che il mondo della voga appartiene a persone ignoranti. Secondo la mia analisi, allora nel mondo delle regate sono tutti ignoranti (attenzione, non è un giudizio, neanche un’opinione, solo un ragionamento di logica).
E allora, come la mettiamo? Di chi è la colpa del non rispetto delle regole?

sabato 12 novembre 2011

La libertà di pensiero e d’espressione


Breve riflessione personale su alcuni spunti di oggi relativamente all’argomento in titolo al post.
L’intero argomento merita molto più di qualche riga scritta da me. Anzi, esistono pagine e pagine a riguardo, basta cominciare a leggere.
Diciamo che tutto ciò è servito oggi a me a prendere coscienza di alcuni miei errori sui quali non avevo mai riflettuto in modo adeguato.
C’è da dire però che, apparentemente simili, in realtà le due libertà sono lievemente distinguibili una dall’altra. La prima, quella di pensiero, è praticamente innegabile se non con la soppressione fisica del pensatore o con una sua sottomissione psichica o psicofisica.
La libertà d’espressione o di parola è invece un argomento più delicato in quanto, esprimendo il proprio pensiero, si può rischiare di andare a porre delle intenzioni di limitazione alla libertà altrui (non solo libertà di pensiero ma anche libertà d’azione).

L’argomento è quindi molto ampio e cercherò di rimanere nello specifico del mio errore odierno.
Accettando le condizioni per aprire un blog, ogni utente si impegna a seguire delle regole che in qualche modo limitano la propria libertà di parola se le espressioni che si usano vanno a interferire con quanto previsto dalle norme che rientrano nei casi riconosciuti anche dal diritto internazionale.
Avere però la possibilità di esprimere proprie opinioni resta un diritto fondamentale.
Ecco quindi che il mio errore nell’esprimermi oggi (e qualche altra volta in passato) è stato nel modo di scrivere una mia opinione.
Venendo ai fatti d’oggi, esprimevo un mio non piacimento a dei modi (umani) di manifestare la convivialità.  Per gusto personale, opinabile da chiunque, infatti, non amo i ritrovi chiassosi e, tra le tante cose, il fatto che in atti festosi, molte persone facciano del canto una prerogativa d’unione.
Chiaramente riconosco che questa è una mia visione, anche molto criticabile, non solo opinabile, di uno dei tanti aspetti della vita umana.
Ancora più nello specifico, rispondevo ad una provocazione banale secondo la quale io mi sarei infastidito di non esser stato invitato ad una certa festa (cosa non vera e che non mi sono mai posto come problema). Festa durante la quale molti dei partecipanti ad un certo punto, accompagnati da un gruppo musicale professionista, si univano ai canti, ognuno a suo modo e secondo le proprie capacità.
Preso dalla voglia di far capire al mio interlocutore (tale “Federico”, secondo il nome che esso stesso riportava a firma di un commento) che questo genere di festeggiamenti non mi appartengono per natura, ho stigmatizzato il modo di cantare a queste feste come qualcosa che non mi appartiene e dal quale io vedo bene di starne lontano, dato che almeno il poter dire cosa mi piace e cosa non mi piace è una mia libertà che non lede quella di nessun altro; libertà che ho anche nel poter scegliere se andare o meno a una festa, ad un veneto sportivo, a vedere una mostra, etc. etc. Nel condensare l’intervento, per far capire il disturbo che tale modo di cantare mi implica ho usato un’espressione, “sgraziati”, riferita ai toni usati da chi canta a queste feste senza specificare.
Riconosco che dovevo specificare meglio il contesto e che quindi ho sbagliato e dato un’immagine che questi ritrovi in realtà non hanno, se guardati dal più generico punto di vista del comportamento umano e non dal mio punto di vista personale.
Chiaramente poi i primi attori coinvolti nella generazione dei canti di questa festa sono dei professionisti che si sono, giustamente, sentiti tirati in ballo in questa mia poco felice espressione.
E ammetto anche che sono rimasto male nel momento che mi è stato fatto notare l’errore. Male non perché io non ami cose che piacciono a tutto il resto (o quasi) del mondo ma perché non intendevo tirare in ballo dei professionisti che invece cantano con passione e trasporto.
Tra l’altro aggiungo che all’associazione musicale che ho tirato in ballo va riconosciuto il merito di mantenere e tramandare i canti della tradizione popolare veneziana.
Non era quindi proprio mia intenzione offendere i musicisti.

Sembra finita ma non è così, perché in realtà questa mia riflessione si è spostata ai cantanti non professionisti o meglio ai partecipanti alla festa, ad alcuni di loro.
Il mio obiettivo iniziale era semplicemente dire che io non amo la convivialità e ancora di più non amo chi invece volontariamente o meno si mette in mostra. Ecco quindi che il mio scopo era dire che non sono assolutamente miei quei modi un po’ da “osteria” (per dirla in modo da capirci più velocemente ma senza denigrare nessun comportamento) di festeggiare da parte di chi non ha doti artistiche innate o coltivate. Insomma era un modo per dire che in mezzo a persone con propensioni (ripeto, anche involontarie) a mettersi in mostra non mi trovo a mio agio.
In qualche modo, ho quindi offeso anche queste persone e mi scuso anche con loro. Nel senso che se i cantanti si sono sentiti offesi ma non era mia intenzione offenderli, le altre persone invece erano l’esempio di ciò che io detesto e quindi in qualche modo avrebbero potuto sentirsi offese da questo.
Certo è che comunque nel mio intento non c’era la limitazione di libertà individuali. Ognuno infatti, secondo come la vedo io, per quanto possa darmi fastidio, deve continuare a essere se stesso e a comportarsi come meglio crede (sempre rispettando le libertà altrui).

Concludo.
Nel mio blog (e nella vita reale) non ho mai detto e mai dirò che io sono meglio di altre persone. Posso esprimere solo modi di pormi, anche discutibili, ma, di fatto, non esiste una verità assoluta. Anzi senza nessun problema riconosco anche che è proprio da chi la pensa diversamente che si può imparare qualcosa di nuovo e mettere in discussione i propri comportamenti, cosa che, anche se non sembra, faccio spesso; ovviamente poi mettere in discussione il proprio modo d’essere non comporta per forza un cambiamento repentino. Cosa che invece parzialmente mi è successa poco fa’.
La mia presa di coscienza di oggi, il mio riconoscere uno sbaglio dialettico (già ripetuto in passato ma che con accezioni diverse non mi aveva portato ad una giusta riflessione) mi porterà ad essere maggiormente attento in futuro nell’esprimere considerazioni di tipo personale che vanno ad implicare comportamenti umani diversi dai miei. In pratica dico che posso sempre esprimere le mie opinioni ma c’è modo e modo di farlo e quest’oggi ho commesso un importante errore di espressione.

La manovra del giro del palo

Il giro del palo è un momento cruciale di una regata e spesso la foga dei regatanti, assieme al loro disprezzo delle regole porta confusione e genera incomprensioni che poi si trascinano per lungo tempo.
Non tutti i regatanti (o pseudo tali) sono al corrente di come questa manovra vada espletata da regolamento. Avendo sperimentato molte volte in regata questa manovra da poppiere, devo dire che al di là del regolamento, il buon senso personale dovrebbe da solo bastare a dare la giusta misura di quello che si sta facendo.


Ecco quindi le varie possibilità nella quali ci si ritrova con i comportamenti sportivamente corretti.
Volevo inserire un'animazione virtuale per ogni manovra ma ciò mi richiede una notevole perdita di tempo; quando mi sarà possibile inserirò anche i video relativi.

A (sono davanti al mio avversario)
MANOVRA
Continuo con la mia andatura senza rallentare in modo scorretto ma solo il necessario per affrontare la virata. Devo essere cosciente del fatto che rallentando troppo rischio di creare un ingorgo in coda alla regata se tutti gli equipaggi sono vicini. Non devo preoccuparmi di altro perché il regolamento tutela chi è davanti. Devo solo preoccuparmi a riprendere a vogare immediatamente dopo aver svoltato il palo o la boa.
PUNIZIONE
Se rallento troppo (anche involontariamente) è giusto che la giuria mi punisca. Sarei favorevole a punizioni  severe (tipo la squalifica), vorrà dire che imparerò a far la manovra rallentando molto meno.

B (sono affiancato e/o leggermente davanti del mio avversario, posizione interna)
MANOVRA
Il regolamento gioca a mio favore, chi è all'interno deve fare il giro all'interno. La mia preoccupazione sarà però quella di non allargare la traiettoria per non andare a ostacolare il mio avversario che deve girare all'esterno. Non mi devo preoccupare di nulla perché il mio avversario deve lasciarmi vogare.
PUNIZIONE
Un mio allargamento della traiettoria e un conseguente possibile contatto tra le imbarcazioni (o ingaggio dei remi, anche se in questo caso meno probabile) va severamente punito perché il contatto rischia di ostacolare anche le imbarcazioni che seguono

C (sono affiancato un po' più arretrato rispetto al mio avversario, posizione interna)
MANOVRA
Posso scegliere se lasciarmi sfilare e fare la manovra F, nel caso non possa farlo perché ho altre imbarcazioni dietro e/o a lato devo rispettare la posizione lasciando il mio avversario affrontare la curva all'esterno ma senza mai ostacolarlo. Devo essere in grado di arrestare se serve la corsa della mia imbarcazione al fine di uscire dalla curva nella medesima posizione dell'entrata.
PUNIZIONE
Qualsiasi ingaggio o contatto va punito

D (sono affiancato o leggermente dietro al mio avversario, posizione esterna)
MANOVRA
Affronterò il giro del palo all'esterno preoccupandomi di non ostacolare il mio avversario e quindi dovrò lasciargli acqua. Non solo, ma devo considerare che da metà curva in poi la poppa della sua imbarcazione naturalmente tenderà ad allargarsi leggermente e quindi nello lasciare spazio devo considerare anche questo. Ovvio che questo mi farà perdere strada e anzi devo occuparmi di fare attenzione a non ostacolare altri equipaggi che seguono. In pratica girare il palo all'esterno è una manovra controproducente ai fini del risultato ma se non si può fare altrimenti è giusto perdere metri sull'avversario che stava davanti già prima.
PUNIZIONE
Andrà punito ogni contatto, in particolare se la mia manovra sarà quella di andare a chiudere verso la boa l'avversario.

E (sono affiancato un po' più avanzato rispetto al mio avversario, posizione esterna)

MANOVRA
Come la manovra D. Ovvio che girando all'esterno sarà favorito il mio avversario nella percorrenza della curva (manovra C) Dovrò preoccuparmi solo di non chiudere l'avversario verso la boa perché comunque ero davanti e il regolamento mi tutela.
PUNIZIONE
come per manovra D.

F (sono dietro al mio avversario)
MANOVRA
Dato che il mio avversario dovrà rallentare (anche solo il fare la curva comporta un rallentamento) devo regolarmi di conseguenza rallentando in anticipo. Non devo mimimamente toccare la sua imbarcazione, né tanto meno inserirmi nello spazio che la poppa dell'imbarcazione che segue può lasciare (involontariamente e per naturale scarrocciamento) in fase di completamento della manovra.
La mia prua dovra stare sempre dietro la linea di poppa dell'imbarcazione che mi precede.
In caso di un brusco rallentamento (o fermata) del mio avversario devo, nei limiti delle possibilità sciare e portarmi in posizione da passare all'esterno della boa (anche se questo magari mi farà perdere posizioni rispetto ad altri che seguendo potrebbero trovarsi in una posizione avvantaggiata)
PUNIZIONE
Qualsiasi contatto e/o ingaggio dei remi volontario o meno andrà punito.

giovedì 3 novembre 2011

La stagione remiera 2011 e la questione morale


Inizialmente pensavo di scrivere qualche impressione a commento sulla stagione remiera Comunale 2011 ma elaborando il mio pensiero mi sono reso conto che i problemi che anche questa annata ha riproposto sono da ricercarsi in una più generica QUESTIONE MORALE. In questo caso il discorso sarebbe molto più ampio di quello che segue, anche se in fondo la soluzione a questi problemi sarebbe facilissima.
Già solo la discussione sulla definizione di “morale” ha risvolti filosofici, sociali, personali ampiamente dibattuti nei secoli.

 
Mi limiterò quindi a far riferimento alla morale come oggetto dell’etica. Il significato di etica si può facilmente riassumere come la ricerca di un norma (o più norme) che ci permetta di gestire in modo adeguato la propria libertà nel rispetto delle altre persone.
Le regole e i regolamenti servono proprio a porre dei limiti ai comportamenti che, messi in atto da singole persone, possono andar a sottrarre diritti di azione e pensiero a terzi individui coinvolti nello stesso ambito d’azione.
Ciò dovrebbe bastare a rendere autonomi, nel rispetto del regolamento, i regatanti già a partire con la sottoscrizione al bando comunale nel quale si dichiara di aver preso atto delle regole “del gioco”. In teoria quindi una giuria non sarebbe necessaria per controllare lo svolgimento di una gara secondo le norme previste. Purtroppo però, nelle gare di voga come nella vita sociale più in generale, l’uomo cerca sempre di sottrarsi a queste norme etiche contravvenendo alla morale stessa. Da qui ne scaturiscono deviazioni comportamentali che le giurie devono punire e che osservatori interni ed esterni commentano con fervore spesso inutile e pretestuoso.

In pratica, “traducendo”, cosa voglio dire? Semplicemente che se tutti accettassero realmente le regole (cioè le rispettassero) i problemi che hanno avuto l’apice con la regata di Burano non ci sarebbero stati.
Nel mio mondo utopistico fatto di correttezza morale, ricordando gli episodi che più mi hanno innervosito per la loro netta lontananza dal rispetto sociale e morale di questo 2011 e 2010, potrei affermare che
-    nella regata di Mestre quel regatante che ha creato scompiglio in seguito ad una decisione della giuria andava punito in modo più duro;
-   nella regata del Redentore 2011 (ma anche 2010) l’equipaggio vincitore delle due edizioni andava punito per la volontà messa in atto di chiudere il campo di gara ai propri avversari nelle fasi finali della gara stessa.
-    Nella regata storica 2010 il gondolino di D'Este-Tezzat nelle prime fasi, prima di entrare in Canal Grande, ha fatto di tutto per farsi chiudere la strada, senza mai tentare un approccio diverso più “distante”, in fondo il campo di gara era molto ampio. Di contro il gondolino in quel momento in testa non doveva preoccuparsi di andare a chiudere l’avversario ma lasciarlo vogare liberamente. In questo caso forse sarebbe più opportuno pilotare l'ingresso in Canal Grande con delle corsie: meno furbizia negativa, più atleticità. Sempre in quella regata al pontile di Rialto Mercato c’è stato forse l’episodio più clamoroso, anche questo dettato dalla reciproca smania di prevalere uno sull’altro anche passando al di sopra delle regole.
-   Nella regata di Burano 2011, l’equipaggio della gondola rovesciata avrebbe ammesso le proprie responsabilità rendendo la propria versione dei fatti. Il marron avrebbe lasciato rovesciarsi la gondola arancio senza prima tentare di impostare un sorpasso al limite del regolamento al giro del palo, nel rispetto della morale della gara. Cioè le norme di gara prevedono che il giro del palo avvenga o in fila indiana o paralleli. Se il marron doveva girare al di fuori dell’arancio, al momento del rovesciamento della gondola arancio sarebbe stato all’esterno e non ci sarebbero stati problemi di interpretazione su possibili contatti; in più avrebbe portato a termine la gara al primo posto senza dare addito a ulteriori polemiche e squalifiche. Se invece si fosse trovato dietro, avrebbe lasciato comunque la gondola rovesciarsi senza dare addito in alcun modo alle polemiche appena citate. Questo per quanto riguarda le prime due posizioni. Piccolo fatto che mi va di sottolineare: lo scavalcamento della boa al giro del palo, cosa accaduta negli anni anche in altre occasioni; chi trovandosi in situazioni contingenti a dover scegliere se rallentare, e perdere posizioni pur di girare secondo norma la boa, o decidere di passare all’interno per non perdere la posizione acquisita perché stretto, magari anche involontariamente, verso la boa stessa, dovrebbe scegliere non secondo comodo ma secondo la regola. In questo caso avrebbe dovuto spostarsi, da quella posizione, eventualmente tornare indietro, comunque passare la boa dal lato corretto. Per me non ci sono altre interpretazioni. L’errore è comunque concesso ma va assolutamente messo in conto di pagarne le conseguenze, anche autodenunciando la propria mancata correttezza. E tutto senza alzare la voce o sentirsi privati di diritti, in realtà mai in essere perché contravvenenti le norme stesse.

È chiaro che questo risvolto della voga, ovvero il rispetto delle norme, riguarda poi tutta la società civile  perché il comportamento di una persona, di solito, è più o meno coerente al proprio modo di agire abituale. Non c’è da stupirsi quindi se ci troviamo in situazioni esasperate dal mancato rispetto delle leggi. Ma volevo restare nell’ambito remiero.

C’è da chiedersi che facciata (e che sostanza) si voglia dare al mondo della voga veneziana.
Se, come ho il sospetto che molti ritengano, si pensa che la voga debba rimanere qualcosa di amorale, di acerbo, di fisico e di “preistorico” allora non credo vada cambiato nulla. Ovvero, se anche agli appassionati piace discutere arrabbiandosi e tifando in modo socialmente deviato per i propri beniamini, allora non c’è da cambiare nulla, anzi forse c’è da eliminare la giuria stessa e lasciare che questo mondo in preda a se stesso si autodistrugga.
Se si vuole invece che questo sia un contesto civile e assimilabile, per i valori e la correttezza, ad un qualsiasi sport, allora di buon grado bisogna accettare le regole, il che significa accettare anche le punizioni senza creare situazioni di disagio e sospetto nei confronti dei giudici; significa anche riconoscere i propri errori che in ambito sportivo ci possono comunque sempre essere dato che la lucidità mentale a volte temporaneamente può venir offuscata dalla fatica. Ma appunto temporaneamente, salvo poi pubblica auto-ammenda.