mercoledì 28 novembre 2012

Valesana 2012


Mi è stato chiesto di esprimere le mie impressioni su questa stagione 2012 di regate alla valesana.


 
Foto personale del mio remo destro da valesana.

 
Premesso che non avevo particolari sentimenti a riguardo, provo a sforzarmi un po' per analizzare a mio modo quanto è stato portato a compimento quest'anno.
La differenza principale rispetto agli anni scorsi è l'entrata in modo definitivo tra gli organizzatori di eventi di questo tipo di Antonio Trombetta che, prendendo anche l'eredità di Giovanni Croff, si è dato un gran da fare nel corso dell'anno.
Ma il vero fatto degno di nota è la regata comunale alla valesana che si è svolta nell'Ottobre scorso. Regata che è stata gestita per buona parte sempre da Antonio Trombetta. Di questa regata ho apprezzato le novità riguardanti la formula per stilare la classifica finale, ottenuta sommando i punteggi ottenuti in una regata normale e uno sprint di circa 400 metri.
Ovviamente, proprio per questo modo di realizzare la classifica finale, ci sono state le usuali e insensate polemiche. Ritengo siano inutili perché di fatto chi si iscrive alle gare ne accetta i regolamenti.
Per il prossimo anno spero che l'evento si ripeta e venga inserito in calendario come tutte le altre regate e non all'ultimo momento come accaduto quest'anno.
Una piccola nota stonata su questo evento è stato il rinvio per la manifestazione in Arsenale. Da quando un evento sportivo si fa politicizzare? Io personalmente avrei ritenuto di far svolgere regolarmente la gara, al di là delle opinioni personali sulla gestione delle concessioni degli spazi dell'Arsenale.
 
Sul resto della stagione alla valesana, invece, non ho pensieri particolari. La mia opinione è sempre la medesima: le regate non istituzionalizzate con opportuni regolamenti da enti pubblici, federazioni, comitati nazionali etc. etc. non hanno valore alcuno. Il valore resta quindi del tutto personale.
Chi partecipa ad una gara intersociale o sociale lo fa con l'opportuno spirito di partecipazione. Ci sarà qualcuno che coglierà l'occasione per sfidare un proprio amico, chi si mette alla prova per verificare il livello raggiunto, chi, come il sottoscritto, è obbligato a partecipare per fare numero anche senza allenamento specifico (leggasi il mio precedente post). Alcune di queste regate potranno essere anche agonisticamente più combattute di quelle comunali ma, dal mio punto di vista, hanno un valore limitato e fine a se stesso. Senza che nessuno si offenda, dal mio punto di vista, le trovo inutili.
Sul fatto che poi qualcuno si alleni per regate secondarie, è un fatto soggettivo, anche se bisogna ricordare che gran parte dei vogatori amatoriali, pur convinto di allenarsi, fa sport ma non si allena con metodo e scientificità: semplicemente voga. Chi ha praticato sport a livello agonistico sa che l'allenamento vero è un processo lungo e faticoso e che va seguito da persone esperte, sia a livello medico, sia come preparazione atletica.
Per il prossimo anno sul sito pubblicato da Antonio Trombetta, www.valesana.it, si parla di un circuito di regate alla valesana con classifica finale. Se l'iniziativa verrà istituzionalizzata in modo opportuno, come ad esempio nel caso del circuito intersocietario per donne esordienti e ragazzi, potrà essere il punto di partenza per chiedere al Comune qualche sforzo in più verso la specialità della valesana.

lunedì 19 novembre 2012

Ritorno? No, grazie!


Visto il molto tempo passato dall'ultima pubblicazione, quale migliore occasione per scrivere qualcosa, se non sulle sensazioni a caldo dopo l'ultima regata alla quale sono stato costretto a "sacrificarmi"

Senza più vogare, a pochi metri dal traguardo, con molti pensieri per la testa. Foto di  A. De Nardis, visibile alla pagina Facebook dell'Associazione Canottieri GIudecca

Dalla mia decisione di non partecipare più a regate di tipo minore sono passati più di due anni. Ieri, come capitato anche in occasione del trentennale della mia società, ho dovuto partecipare alla regata sociale alla valesana per permetterne lo svolgimento, altrimenti non si sarebbe raggiunto il numero minimo di iscrizioni.
Dall’estate scorsa non mi sono interessato troppo alla voga: le uscite fatte erano principalmente a due remi, di svago e senza mai forzare. Alla valesana ero uscito una volta ai primi di ottobre, dieci giorni prima della gara e il sabato precedente alla gara, dopo aver passato il venerdì alle prese con i primi mali di stagione, ovvero mal di gola e febbre che solitamente, e anche questa volta, mi mettono completamente ko.
La mia volontà, fin da quando ho capito che avrei dovuto gareggiare, era di far in modo che gareggiassero i concorrenti di basso livello. Grandi nomi non erano presenti, se non due regatanti medi della valesana, ovvero Cristiano Peroni e Giovanni Croff. Sulla carta me li figuravo proprio in quest’ordine di arrivo. Il mio stato di malessere fisico aiutava quindi la mia volontà a non voler impegnarmi nella competizione.
Pur non interessandomi troppo di regate, in questo periodo ho continuato a seguire anche l’andamento puramente amatoriale dei soci della Canottieri Giudecca; mi chiedevo, in questa regata, quali avrebbero potuto essere i miglioramenti, o comunque i risultati raggiungibili, da qualcuno degli iscritti.
La new entry era rappresentata da Christian De Nardis, un giovane atleta prelevato dal nuoto, che a suo modo e con molta discrezione, da un paio d’anni sta cercando di muovere i primi passi nel complicato mondo agonistico della voga, pur conscio che c’è molto da imparare.
Tornando a me, la tattica studiata a tavolino era molto semplice: alla partenza avrei lasciato sfilare gli avversari. Avrei seguito il più possibile proprio il meno esperto del gruppo per eventualmente aiutarlo o dare delle indicazioni ma, cosa ben chiara, non avrei fatto in nessun modo la gara.
Per cui non mi importava troppo che il percorso fosse stato accorciato, che non avessi alcuni accorgimenti tecnici limati al più piccolo particolare, che non fossi al 100% della salute, che non avessi nessun tipo di allenamento specifico.
Il destino, un po’ beffardo, mi ha dato subito un segnale particolare: al sorteggio dei numeri d’acqua ho pescato il numero 1: quello più favorevole in questo caso, perché avendo davanti una curva lunga, avrei avuto a favore la traiettoria migliore. Mai, in molte regata alla valesana e non, sono partito col miglior numero d’acqua!
Poteva essere un segnale, un avvertimento a vogare sul serio ma ho voluto ignorarlo.
La prima partenza è stata annullata per colpa di chi vogava troppo e anche per colpa mia che ero rimasto troppo arretrato, dato che sono l’unico a non aver proprio mosso neanche i remi.
Alla seconda partenza ho forzato un po’, cercando sempre di stare un po’ più indietro degli altri e quindi è partita la gara.
La prima mossa è stata rallentare, praticamente fermarmi e portarmi dietro a tutti i concorrenti, in modo da osservare la regata come fa normalmente la barca giuria.
Ho cominciato a dare indicazioni a distanza proprio al più inesperto del gruppo e quel ruolo mi si addiceva bene: non avrei raggiunto nessun risultato ma avrei potuto far in modo che ne venisse fuori una bella gara. Invece il primo imprevisto: un contatto, dal mio punto di vista non voluto e causato dalla poca esperienza nel confronto ravvicinato, mette quasi subito fuori uso proprio il mio “pupillo” con un altro concorrente. Io rallento nuovamente e tento di spostarmi per far passare gli ultimi due concorrenti in gara che però trovandomi praticamente fermo, anziché schivarmi cominciano a vogarmi sopra i remi rischiando di causare un ulteriore groviglio. Nonostante avessi indicato loro di passarmi perché sarei stato fermo non c’è stato modo di farglielo capire. In quel momento quindi mi è tornato alla mente quanto ho sempre criticato delle regate e del modo poco corretto di porsi di molti dei loro partecipanti.
Anche il mio comportamento durante questa gara poteva essere poco rispettoso perché di fatto non stavo gareggiando. Questa breve riflessione mi ha fatto partire con uno scatto nervoso, per togliermi di torno, non dare più fastidio e non farmi infastidire da nessuno. 40 vogate, un minuto a tutta forza. Mi volto e dietro c’è un buco. Davanti a me, a pochi metri il secondo, Giovanni Croff. Riprendo a vogare con l’unico passo che potevo esprimere senza un vero e proprio allenamento. Mi fermo per un attimo nuovamente guardando indietro, per capire se qualcuno del gruppo attardato poteva recuperare, ma non vedo nessuno in grado di riportarsi sotto. Continuo quindi a vogare fino a raggiungere la poppa del mio più diretto avversario. A quel punto termina anche la vogata col mio passo. Mi accodo e rallento la vogata quel tanto che basta per restare in quella posizione senza fatica. Ovviamente quella posizione era quella più congeniale per il tipo di condotta che volevo seguire: vagavo senza intralciare, senza far gara e senza esser intralciato.
Al giro del palo la giuria (Marco Farnea, giudice comunale) ci richiama ricordandoci di non scontrarci, di rallentare al giro del palo. Diciamo che sembrava quasi un’istigazione a fare il contrario. Nessuno di noi voleva danneggiare il proprio avversario. Io, per dare un segnale in questo senso, mi sposto “al campo” e ricevo ulteriori indicazioni, sempre più preoccupate, sul fatto che non posso superare al campo, che devo rallentare. A quel punto, anche a voce, rispondo che non voglio danneggiare nessuno, anzi.
Giriamo quindi il palo senza problemi. E riprende l’ultima fase di gara dove Giovanni Croff tenta l’ultimo assalto al primo posto. Io resto dietro e poi, in vista del traguardo decido di mollare completamente, tanto non aveva comunque senso vogare ancora. Il quarto aveva un distacco enorme e non mi avrebbe preso neanche se avessi rotto un remo o fosse capitato chissà che imprevisto.
Terzo quindi. Per la prima volta senza il peso di dover gestire una gara. Terzo dopo aver fatto una non partenza e aver “perso” tempo in coda al gruppo.
Un terzo posto che non vale nulla dato che avversari veri non ce n’erano. O meglio i primi due potevano essere avversari, forse, se avessi vogato. Una gara che per me contava meno che niente dato che non avrei potuto esprimermi per mancanza di allenamento.
Una gara che mi ha lasciato perplessità sull’interpretazione della gara da parte degli ultimi arrivati (che sono stati i primi a partire davanti a tutti) e sull’interpretazione della giuria al giro del palo, come se fosse scontato che al giro del palo debbano esserci problemi, come in certe regate comunali che ho trattato anche in questo blog.
Una gara dove fastidiosamente qualcuno è riuscito anche quasi a prendersela con i suoi avversari per la poca sportività pur essendo una competizione di scarso livello.
Una gara che quindi ha confermato le mie scelte sul fatto di non vogare più in regate insensate e senza una preparazione almeno annuale, se non per scopi societari, come poteva essere oggi.
Insomma, come mi ha suggerito un amico, una regata A MODO MIO.