Visto il molto tempo passato dall'ultima pubblicazione, quale migliore occasione per scrivere qualcosa, se non sulle sensazioni a caldo dopo l'ultima regata alla quale sono stato costretto a "sacrificarmi"
Dalla mia decisione di non partecipare più a regate di
tipo minore sono passati più di due anni. Ieri, come capitato anche in
occasione del trentennale della mia società, ho dovuto partecipare alla regata
sociale alla valesana per permetterne lo svolgimento, altrimenti non si sarebbe
raggiunto il numero minimo di iscrizioni.
Dall’estate scorsa non mi sono interessato troppo alla
voga: le uscite fatte erano principalmente a due remi, di svago e senza mai
forzare. Alla valesana ero uscito una volta ai primi di ottobre, dieci giorni
prima della gara e il sabato precedente alla gara, dopo aver passato il venerdì
alle prese con i primi mali di stagione, ovvero mal di gola e febbre che
solitamente, e anche questa volta, mi mettono completamente ko.
La mia volontà, fin da quando ho capito che avrei dovuto
gareggiare, era di far in modo che gareggiassero i concorrenti di basso
livello. Grandi nomi non erano presenti, se non due regatanti medi della
valesana, ovvero Cristiano Peroni e Giovanni Croff. Sulla carta me li figuravo
proprio in quest’ordine di arrivo. Il mio stato di malessere fisico aiutava
quindi la mia volontà a non voler impegnarmi nella competizione.
Pur non interessandomi troppo di regate, in questo
periodo ho continuato a seguire anche l’andamento puramente amatoriale dei soci
della Canottieri Giudecca; mi chiedevo, in questa regata, quali avrebbero
potuto essere i miglioramenti, o comunque i risultati raggiungibili, da
qualcuno degli iscritti.
La new entry era rappresentata da Christian De Nardis, un
giovane atleta prelevato dal nuoto, che a suo modo e con molta discrezione, da
un paio d’anni sta cercando di muovere i primi passi nel complicato mondo
agonistico della voga, pur conscio che c’è molto da imparare.
Tornando a me, la tattica studiata a tavolino era molto
semplice: alla partenza avrei lasciato sfilare gli avversari. Avrei seguito il
più possibile proprio il meno esperto del gruppo per eventualmente aiutarlo o
dare delle indicazioni ma, cosa ben chiara, non avrei fatto in nessun modo la
gara.
Per cui non mi importava troppo che il percorso fosse
stato accorciato, che non avessi alcuni accorgimenti tecnici limati al più
piccolo particolare, che non fossi al 100% della salute, che non avessi nessun
tipo di allenamento specifico.
Il destino, un po’ beffardo, mi ha dato subito un segnale
particolare: al sorteggio dei numeri d’acqua ho pescato il numero 1: quello più
favorevole in questo caso, perché avendo davanti una curva lunga, avrei avuto a
favore la traiettoria migliore. Mai, in molte regata alla valesana e non, sono
partito col miglior numero d’acqua!
Poteva essere un segnale, un avvertimento a vogare sul
serio ma ho voluto ignorarlo.
La prima partenza è stata annullata per colpa di chi
vogava troppo e anche per colpa mia che ero rimasto troppo arretrato, dato che
sono l’unico a non aver proprio mosso neanche i remi.
Alla seconda partenza ho forzato un po’, cercando sempre
di stare un po’ più indietro degli altri e quindi è partita la gara.
La prima mossa è stata rallentare, praticamente fermarmi
e portarmi dietro a tutti i concorrenti, in modo da osservare la regata come fa
normalmente la barca giuria.
Ho cominciato a dare indicazioni a distanza proprio al
più inesperto del gruppo e quel ruolo mi si addiceva bene: non avrei raggiunto
nessun risultato ma avrei potuto far in modo che ne venisse fuori una bella
gara. Invece il primo imprevisto: un contatto, dal mio punto di vista non
voluto e causato dalla poca esperienza nel confronto ravvicinato, mette quasi
subito fuori uso proprio il mio “pupillo” con un altro concorrente. Io rallento
nuovamente e tento di spostarmi per far passare gli ultimi due concorrenti in
gara che però trovandomi praticamente fermo, anziché schivarmi cominciano a vogarmi
sopra i remi rischiando di causare un ulteriore groviglio. Nonostante avessi
indicato loro di passarmi perché sarei stato fermo non c’è stato modo di
farglielo capire. In quel momento quindi mi è tornato alla mente quanto ho
sempre criticato delle regate e del modo poco corretto di porsi di molti dei
loro partecipanti.
Anche il mio comportamento durante questa gara poteva
essere poco rispettoso perché di fatto non stavo gareggiando. Questa breve
riflessione mi ha fatto partire con uno scatto nervoso, per togliermi di torno,
non dare più fastidio e non farmi infastidire da nessuno. 40 vogate, un minuto
a tutta forza. Mi volto e dietro c’è un buco. Davanti a me, a pochi metri il
secondo, Giovanni Croff. Riprendo a vogare con l’unico passo che potevo
esprimere senza un vero e proprio allenamento. Mi fermo per un attimo
nuovamente guardando indietro, per capire se qualcuno del gruppo attardato
poteva recuperare, ma non vedo nessuno in grado di riportarsi sotto. Continuo
quindi a vogare fino a raggiungere la poppa del mio più diretto avversario. A
quel punto termina anche la vogata col mio passo. Mi accodo e rallento la
vogata quel tanto che basta per restare in quella posizione senza fatica.
Ovviamente quella posizione era quella più congeniale per il tipo di condotta
che volevo seguire: vagavo senza intralciare, senza far gara e senza esser
intralciato.
Al giro del palo la giuria (Marco Farnea, giudice
comunale) ci richiama ricordandoci di non scontrarci, di rallentare al giro del
palo. Diciamo che sembrava quasi un’istigazione a fare il contrario. Nessuno di
noi voleva danneggiare il proprio avversario. Io, per dare un segnale in questo
senso, mi sposto “al campo” e ricevo ulteriori indicazioni, sempre più
preoccupate, sul fatto che non posso superare al campo, che devo rallentare. A
quel punto, anche a voce, rispondo che non voglio danneggiare nessuno, anzi.
Giriamo quindi il palo senza problemi. E riprende l’ultima
fase di gara dove Giovanni Croff tenta l’ultimo assalto al primo posto. Io
resto dietro e poi, in vista del traguardo decido di mollare completamente,
tanto non aveva comunque senso vogare ancora. Il quarto aveva un distacco
enorme e non mi avrebbe preso neanche se avessi rotto un remo o fosse capitato
chissà che imprevisto.
Terzo quindi. Per la prima volta senza il peso di dover
gestire una gara. Terzo dopo aver fatto una non partenza e aver “perso” tempo
in coda al gruppo.
Un terzo posto che non vale nulla dato che avversari veri
non ce n’erano. O meglio i primi due potevano essere avversari, forse, se
avessi vogato. Una gara che per me contava meno che niente dato che non avrei
potuto esprimermi per mancanza di allenamento.
Una gara che mi ha lasciato perplessità sull’interpretazione
della gara da parte degli ultimi arrivati (che sono stati i primi a partire
davanti a tutti) e sull’interpretazione della giuria al giro del palo, come se
fosse scontato che al giro del palo debbano esserci problemi, come in certe
regate comunali che ho trattato anche in questo blog.
Una gara dove fastidiosamente qualcuno è riuscito anche
quasi a prendersela con i suoi avversari per la poca sportività pur essendo una
competizione di scarso livello.
Una gara che quindi ha confermato le mie scelte sul fatto
di non vogare più in regate insensate e senza una preparazione almeno annuale,
se non per scopi societari, come poteva essere oggi.
Insomma, come mi ha suggerito un amico, una regata A MODO
MIO.