domenica 28 novembre 2010

Associazioni sportive o no?

Le associazioni sportive (o pseudo tali) dove si pratica la voga veneta a Venezia sono circa una ventina tra grandi e piccole, diciamo che le maggiori sono circa un quarto o poco più del totale. Non voglio dare cifre esatte per non incappare in errori di “valutazione” sulla definizione di importanza di una società rispetto ad un’altra.
In questo post vorrei soffermarmi a spiegare che cos’è un’associazione di voga alla veneta e come vorrei che fosse.
Sarebbe tutto più semplice se si potesse definirla una società sportiva. Invece bisogna fare delle distinzioni concettuali ben precise.
Tenendo bene a mente cos’è la voga veneta e con quali sfaccettature viene praticata (clicca per aprire il post correlato), un’associazione di voga è il contenitore che raccoglie i vari aspetti di questa disciplina e soprattutto raccoglie le persone che lo praticano.
La maggior parte di queste associazioni non è vincolata a organi nazionali come il CONI o le varie federazioni di canottaggio o di canoa: queste sono le cosiddette “remiere”.
Mentre esistono società sportive vere e proprie che sono iscritte a Federazioni sportive nazionali per sport come il canottaggio, canoa e kayak, vela, canottaggio a sedile fisso etc. etc.
A Venezia le società storiche di canottaggio sono Reale Società Canottieri Bucintoro, Reale Società Canottieri Francesco Querini e Circolo Canottieri Diadora. Molte delle “remiere” sono nate alla fine degli anni ’70, sotto la spinta della Vogalonga, come piccoli nuclei “indipenditisti” di queste società più importanti.
Nel tempo si è aggiunta qualche altra società di canottaggio e le “remiere” si sono ammodernate un po’. Spesso i due settori, voga e canottaggio e o canoa, convivono nelle stesse società creando però a volte dei disguidi “sociali”. Le società affiliate alle federazioni sono obbligate a rispettare norme imposte dal Coni, dalla Federazione di appartenenza e dal ministero dell’Economia, mentre le “remiere” con hanno più elasticità, anche se il loro bilancio devono comunque presentarlo.
Per anni c’è stata molta confusione perché i piccoli nuclei remieri spesso, per ignoranza, non erano a conoscenza degli obblighi che comunque avrebbero dovuto rispettare ma in un modo o nell’altro si è andato avanti comunque.
Parlando da dirigente di una società di voga e canottaggio, l’aspetto più difficile è far capire ai propri soci che il canottaggio è organizzato seriamente. Che ha bisogno di uno stretto rispetto delle regole. Che i propri atleti sono tesserati presso un’unica (e una sola) società, che i propri atleti vogano PER la società, che la divisa sociale in campo di gara è quasi sacra (tanto che se la divisa non è in ordine, o non è quella dichiarata, si rischia anche l’esclusione da una gara). È difficile far capire che gli atleti, pur avendo degli aspetti autonomi nell’allenamento, seguono le indicazioni dell’allenatore e del preparatore atletico e non vogano a casaccio.
Ancor più è difficile far capire questo aspetto a chi pratica le regate di voga alla veneta. Le uniche regate che hanno un’istituzione dietro sono quelle del ciclo delle regate comunali ma non è richiesta un tesseramento o un’iscrizione presso una società di voga. Il risultato è che molti regatanti sono soci in più associazioni sportive e alla fine non vogano per nessuna di esse ma solo per se stessi.
Questo è un aspetto che si trascina dal passato ma sarebbe giusto dare un taglio netto e adeguarsi ai tempi di oggi.
Sarebbe giusto che, come per il canottaggio, un’atleta (e non un “regatante”) fosse iscritto ad una sola società, vogasse PER quella società, la società avesse degli allenatori preparati (ISEF e/o Scienze Motorie) e dei preparatori atletici. Sarebbe anche corretto rivedere il discorso premi e adeguarlo a quello di uno sport federale. Sarebbe probabilmente anche più giusto, per le gare, abbandonare la tradizione e volgere lo sguardo ai nuovi materiali e pensare a dei nuovi scafi, più neutri esteticamente ma più agonistici e leggeri, penso per esempio a barche come le venete ma realizzate in carbonio.
Diciamo che, sempre mia visione personale, sarebbe anche giusto diminuire l’aspetto goliardico che si respira in molte di queste società e dare un tono più pacato e professionale al tutto. Non che mi aspetto di vedere gente in smoking ma un comportamento meno sguaiato sarebbe più opportuno a livello generale.
Insomma io vorrei che la voga agonistica fosse equiparata ad uno sport vero e proprio.
Con questo non voglio che le società “remiere” abbandonino l’aspetto tradizionale, anzi. È giusto tutelare la cultura locale ma è anche opportuno saper guardare al futuro svincolandosi da certe inutili memorie storiche.
Non è con il ricordo di un orgoglio veneziano passato che si può costruire un futuro equilibrato e stabile.

3 commenti:

alberto1968 ha detto...

interessante posizione e chiave di lettura che penso non sia così isolata

A modo mio ha detto...

Mah... mi sento molto solo a dir la verità! A volte, per ragioni regolamenteri, è difficile far capire ai propri colleghi consiglieri la differenza fra un socio non tesserato (con la FIC) e un socio tesserato...

alberto1968 ha detto...

Sperando di aver compreso il tuo commento di risposta.
Questo è il salto forse epocale di mentalità che dovrebbe fare la voga alla veneta penso, ed ovviamente è una mia opinione personale quindi opinabile, nella gran parte delle società, ma già siamo in due che ne discutiamo, se poi consideri che società affiliate alla FICSF e quelle che perlomeno iniziano a pensare di dialogare con questa realtà, ragionano già in questi termini o perlomeno in prospettiva pensano di arrivare su queste posizioni, non si è così soli, con la speranza di rimanere in molti. Forse a Venezia e nelle strette vicinanze di Venezia sarà più difficile per usi, consuetudini e costumi, far capire cosa significa essere tesserato per una società ad una federazione, ma questo forse perché viene visto solo come limitazione e non come risorsa? Non ho una risposta al momento ma forse dobbiamo far capire per l'appunto che è una risorsa.