domenica 11 settembre 2011

Come un pesce fuor d'acqua


Dopo anni di confusione e attaccamento alle questioni legate alla voga veneta, credo finalmente di aver ritrovato la strada giusta per poter osservare questo mondo senza penetrarvi all’interno.

Non è mai facile restare insensibili ad argomenti vissuti in prima persona ma credo di aver capito che restare in uno stato di atrofia sentimentale (limitata alla voga veneta) è l’unico modo per non “soffrire” nel vivere comportamenti e situazioni che hanno poco a che fare con l’intelletto umano.
Insomma in parole povere ho capito, sperimentato, che rimanendo lontani dalle regate di qualsiasi importanza, rimanendo lontani dal commentarle, rimanendo lontani dai cortei e dalle manifestazioni in genere, rimanendo lontani dalle questioni gestionali si può ritrovare la propria dimensione, il proprio giusto rapporto col remo e con l’acqua.
Sono quindi riuscito a rimpossessarmi di quella sorta di voga primordiale che, geneticamente, mi era stata trasmessa dal nonno, senza forzature, senza volgarità (verbali soprattutto), senza quel populismo invadente e di basso rango intellettivo.
Sicuramente non sarei arrivato a questo punto, a questo riequilibrio se non fossi passato per una fase, durata circa 15 anni, durante la quale da un lato mi sono arricchito di tecnica ed esperienze, dall’altro ho potuto vedere e toccare con mano gli eccessi di personaggi che, legati anche loro alla voga, nulla hanno a che condividere con le mie esperienze famigliari e sociali.
Non ne parlo per forza in tono spregiativo, ma nell’ambiente della voga regna una sorta di volgarità che viene sdoganata e viene fatta passare per genuinità e legame con le proprie origini.
Ebbene, se guardo alla storia personale della voga, questa prepotenza verbale (e fisica a volte) non corrisponde a ciò che mi è stato insegnato da casa.
E in questo senso ho sempre odiato le polemiche del dopo gara, del durante-gara, del pre-gara, le polemiche in generale. Non fanno parte di me e non fanno parte della bellezza di vogare, anche se ammetto, per poter sopravvivere all’interno di questo circo, a volte bisogna inventarsi ciò che non si è, bisogna tirare fuori una finta cattiveria, utile solo a indicare i propri spazi, i propri confini, un po’ come fanno gli animali quando gonfiano il petto prima di dover arrivare ad attaccare realmente l’avversario di turno.
Ecco quindi che, anche per motivi legati al tempo a mia disposizione, scrivo solo ora ciò di cui mi sono convinto in questi ultimi mesi.
Dal mio punto di vista (o A MODO MIO) vedo sempre più l’inutilità di organi e associazioni che facciano della voga veneziana il loro vanto e il loro unico scopo di esistenza. Non voglio dire che la voga veneta non vada promossa (nelle scuole e tra la gente) ma dovrebbe esserci meno frenesia mediatica.
Per quanto qualcuno voglia convincerci  diversamente, la voga a Venezia sarà sempre e solo un fatto locale. La voga, la tradizione (nel bene e nel male) ad essa collegata, avrà le sue valenze territoriali specifiche solo qui a Venezia. Senza voler essere migliori di nessuno, mi sento di dire che la voga veneziana a Padova non è voga Veneziana; sarà voga veneta (o all’inpiedi) ma non Veneziana per tradizione. La voga Veneziana esportata nel mondo sarà voga ma non legata a nessuna tradizione locale. Lo stesso vale per tutti gli altri tipi di voga all’inpiedi o seduti che si possano classificare e conoscere.
Quindi suggerirei ai nostri politici locali di non dannarsi per tentare di amplificare al mondo l’immagine della nostra voga. La voga Veneziana continuerà a restare un aspetto tradizionale di ogni veneziano finché ci sarà chi vogherà, finché ci sarà chi, disinteressandosi di manifestazioni e forzature continuerà a vogare per il piacere di farlo, non per i soldi o per apparire in qualche modo.
Dalla mia percezione, nell’ultimo anno, a parte le solite figure onnipresenti, gli organi di promozione della voga hanno avuto un peso mediatico molto minore rispetto al recente passato. Certi eventi stanno perdendo il mordente iniziale e un po’ alla volta interesseranno ad un numero sempre minore di persone. Anche se non sono calate le persone che praticano con regolarità l’attività remiera.
Non ha più senso quindi parlare di coordinamento se non c’è più quasi niente da coordinare. Certe attività del coordinamento potrebbero essere prese in consegna dalle singole remiere (come in parte già avviene). Altre attività sono già semi-coordinate dal Comune.
L’aspetto sportivo (non tradizionale) ha già preso almeno una via interessante.
Non vedo più la necessità di associazioni o altri enti che promuovano (o pensino di farlo) la voga veneziana al di fuori di Venezia.
A livello personale, le polemiche di vario genere mi toccano sempre meno. Probabilmente per disinteresse verso la litigiosità dei miei concittadini, ho seguito con distacco gli eventi di questo ultmo anno e devo dire che in questo modo ho potuto capire quanto di me ho perso in tanti anni passati ad inseguire ideali che… non c’erano.

8 commenti:

El mago ha detto...

Ahi, ahi! Caro A MODO MIO forse stai puntando anche tu a una sedia in Comune? Se ti esponessi di più nella realtà riusciresti a fare anche meglio del mio eroe. Sai di chi parlo, l'avrai capito no?

A modo mio ha detto...

Il commento precedente non meriterebbe risposta.
Primo: non ti sei qualificato. "El Mago" è un soprannome di fantasia che non merita rispetto intellettuale.
Secondo: ti sei risposto da solo. Visto che non mi espongo nella realtà alla ricerca di cariche istituzionali vuol dire che tutto ciò non mi interessa. E non sarebbe ad ogni modo nel mio stile.

Paolo ha detto...

Scusi se lo dico, ma questa sua crociata contro la volgarità e l'ignoranza nel mondo dei regatanti e della voga, che vedo ripresa anche in altri post, mi pare completamente fuori contesto. La voga è una cosa che fino a pochi decenni fa veniva praticata solo dai pescatori e dai contadini di S.Erasmo, quando Venezia era ancora una città viva e non ci si doveva preoccupare di mantenere vive le sue tradizioni. Detto ciò credo appaia evidente a tutti, che quella della voga in laguna sia una tradizione popolare e quindi "volgare" in senso lato. E'invece un atteggiamento tipicamente piccolo-borghese, quello di rifiutare l'ambiente e la cultura delle classi più "popolari" per distinguersi da esse. Come lei stesso scrive in un altro post, suo nonno considerava quello dei regatanti come un ambiente da cui tenersi lontani probabilmente perchè lo riteneva frequentato da persone di basso ceto sociale. Tralasciando il fatto che i tempi sono cambiati e che oggi viviamo nella più assoluta omologazione culturale e sociale, anche mio nonno che era un piccolo-borghese, mi diceva sempre: frequenta sempre solo le persone "meglio di te"...io gli ho dato retta oggi che ho una laurea, mi sono accorto che molti di quegli ex pescatori con la terza elementare che mi è capitato di conoscere girovagando a remi per la laguna sono "meglio di me" e quindi li frequento. Bisogna poi dire che un vero sapere, è sempre un "saper fare", e quanta cultura c'è in chi vogando e faticando per anni riesce a leggere "l'ordine" dell'aqua con le fasi lunari, conosce le correnti di ogni canale, i venti, ed ogni secca; non è un sapere quello di chi sa posizionare le forcole nella giusta posizione con infinite variazioni a seconda delle caratteristiche dei vogatori e delle barche? e potrei continuare a lungo...
La litigiosità e l'incapacità di accordarsi poi non sono un fatto di ignoranza o di cultura, ci si scanna tranquillamente anche fra accademici della crusca e professori universitari, è una caratteristica tipicamente umana.
Ad ogni modo credo che finchè la voga sarà praticata da gente che si ricorda ancora di quando si vogava per portare a casa la pagnotta e non per divertimento, allora ci sarà ancora un briciolo di vitalità nelle remiere, in tal senso l'impegno i sacrifici e la fatica dei campioni regatanti conservano ancora intatta una tradizione antica e tutt'ora vitale, mi lasciano più perplesso coloro che considerano la voga come un hobby,un modo per passare una domenica, o danno troppo risalto all'aspetto associativo in ciò vedo poca vitalità e molta omologazione. E soprattutto che non si pensi di trasformare le remiere nei club di canottaggio di Oxford, sarebbe poco praticabile...

Saluti

A modo mio ha detto...

@ Paolo (parte 1)
Premesso che quanto scrivo in questo blog sono soltanto opinioni personali, forse mi sono espresso male. Ho voluto pubblicare questo blog per far conoscere la mia personale posizione nei confronti del mondo della voga, dato che, come consigliere di una società sportiva (e non solo remiera) non posso esternare le mie idee (un po’ estreme) nel blog della “mia” società.
Devo in realtà darle ragione, ma probabilmente non ha capito cosa intendo quando parlo di bassa cultura e volgarità. O forse mi sono espresso male io.
Devo quindi contestualizzare meglio la mia posizione sociale.
Mio bisnonno (e la sua famiglia) era un pescatore di professione, almeno fino alla prima guerra mondiale. Poi, costretto a chiudere l’attività iniziò a lavorare prima come facchino, poi come portiere in vari alberghi veneziani. Mio nonno, come un certo numero di giovani dell’epoca, aveva la quinta elementare e regolarmente assieme ai suoi parenti andava a caccia per arrotondare gli stipendi della famiglia. Lavorava in una fornace. Poi la guerra, la seconda guerra mondiale. Al ritorno trovò un’isola cambiata e modificata e fu costretto a cambiare lavoro, trovando posto alla SADE, poi ENEL ma mantenendo viva la sua attenzione e passione per quel mondo nel quale era nato.
Sia nonno che bisnonno conoscevano varie parti a memoria della Divina Commedia e avevano approfondito molti autori classici, per interesse personale. In realtà non erano dei casi isolati, molte più persone di quante possiamo immaginare ora, all’epoca, pur di rango sociale basso, erano acculturate molto meglio di tanti diplomati (e anche di qualche laureato) di oggi.

A modo mio ha detto...

@ Paolo (parte 2)
La voga era molto praticata quindi nella mia famiglia, dapprima per utilità (come accadeva a S.Erasmo, Pellestrina, Burano e per tutte quelle attività che necessitavano dell’uso della barca), in secondo luogo anche come una sorta di “palestra” ma senza mai pensare di fare della voga un’attività “hobbystica” per come la si intende ora.
Il 95% di quello che so su remi, vela, maree, meteo e laguna/mare lo devo proprio a mio nonno. Il rimanente 5% l’ho imparato vogando e studiando negli ultimi 15 anni e di anni ne ho 33.
Poi c’è da dire che il contesto sociale giudecchino è agli occhi di tutti legato a storie poco edificanti, un po’ malavitose. Bene: proprio questo aspetto infastidiva i miei famigliari. Le famiglie originarie della Giudecca, non piccolo-borghesi, non avevano nulla a che fare col contesto urbano che si venne a creare dopo la venuta nel “casermon” (ex-convento abbandonato di S.Cosmo) di vari personaggi con pochi scrupoli e abituati (per necessità e/o per scelta) a vivere di espedienti fuori dalla legalità. Per anni la Giudecca è stata preda di queste persone che hanno soltanto contribuito ad abbassare il livello “culturale” (in senso lato) dell’isola. Soltanto da qualche anno c’è una svolta in positivo, grazie alle nuove case e a gente che viene da fuori.
Per cultura non intendo il livello raggiunto con lo studio ma la capacità di ognuno di sapersi aggiornare, confrontare, migliorare e di vivere tra gli altri in modo civile nel rispetto totale della legalità. Ecco quindi che non voglio denigrare chi non ha titoli di studio ma occorre riflettere di come la capacità di non risultare volgari appartenga a una minoranza nel mondo della voga veneta. Dal mio punto di vista si può risultare volgari sia con comportamenti non consoni al vivere civile, sia con gli eccessi di chi è abituato a vivere nel lusso.
Dico questo senza avere la “puzza sotto al naso”, senza essere un piccolo-borghese.
Poi appunto dice che i tempi sono cambiati. E fa anche riferimento alle remiere e a come conservino quell’eccentricità popolare (molto vicina all’illegalità) che odio tanto. Secondo me, pur non diventando club di alto rango, con l’esperienza gestionale (nel mondo della voga) fatta in questi anni, c’è la necessità di avere delle regole che contestualizzino le singole società, altrimenti la soluzione migliore se si vuol continuare a rimanere nella volg….genuinità è non costituire nessuna associazione e ritrovarsi a schiamazzare con volgarità in barca a remi.
Comunque la mia non è una crociata contro un certo modo di vivere, solo mie osservazioni. Si sa che il mondo è di tutti e non possiamo imporre le proprie idee a nessuno. Non pretendo di essere migliore di nessuno, solo me stesso. Anzi, probabilmente con questo blog, raccogliendo anche commenti di altre persone, avrò la possibilità di continuare a capire, in modo più esauriente, come vivere al meglio il mio personale rapporto con l’acqua della laguna, in continuità con il mio passato. E se poi non piaccio a tutti, pazienza! La vita è anche questo.

A modo mio ha detto...

Integro i commenti precedenti, dicendo anche che il mondo delle regate è sempre stato dentro casa mia per via delle parentele strettissime con i noti regatanti Scuciaro e Scuciareto. E proprio per questo la mia famiglia ha sempre mantenuto le distanze da un certo modo di vivere "l'agonismo tradizionale" delle regate di voga veneta.
La regata in sè, come gesto sportivo è un fatto positivo; i risvolti negativi stanno nel vivere l'agonismo con cattiveria e violenza, nel fare delle gare l'unica esistenza di vita (apparentemente almeno), in tutti quei pretesti del dopo gara che portano a vivere in modo antisalutare (mangiare troppo, ubriacarsi etc. etc.).

Paolo ha detto...

I residenti regolari della giudecca, molti ex braccianti o pescatori, che negli anni 50 e 60 avevano trovato un impiego sicuro in azienda, sentivano che quella fettina di benessere da poco conquistata era minacciata dalla presenza dei "disgrassiai" del "casermon", nello stesso tempo i "signori" veneziani, facendo di tutta l'erba un fascio presero a considerare quasi tutta la giudecca in generale come un ghetto. da qui il risentimento dei giudecchini "per bene" nel vedere accostata la reputazione della propria famiglia a quella della "gentaglia" delle case minime.
Riporto il testo di una canzone di Gualtiero Bertelli noto cantautore giudecchino che rende l'atmosfera:

A LE CASE MINIME
L'altro giorno a le case minime
i ga lassà libera 'na casa
e fin dale sinque de la matina
ghe gera gente che aspetava.

Ghe gera un pare de famegia
co quatro fioi da mantenir,
che da trent'ani vive in sofita
pien de sorsi, de aqua e de sporco.

Ghe ne gera un'altra infinità
co e careghe e i tavoini
che i spetava el momento bon
de romper la porta e ocupar la casa.

I le ciama case co un bel coragio
perchè de le case decenti e ga poco
la xe 'na stansa de quattro metri
co un gabineto de quei a la turca.

I le ciama case quei disgrassiai
che ga vissuo per ani da bestie,
che ga ciamà case e sofite,
i magaseni, i sotoscala.

I ga spetà chieti fin e nove
dopo a l'assalto, come pirati,
su par e finestre e dentro per le scale,
sa massa enorme di disperai.

Dopo do mesi de 'sta facenda
za lo savemo par esperienza,
vien senza ciacole la questura,
che li ciapa tuti e li sbate fora.

Forse qualcuno di quei diseredati delle case minime, ha trovato il proprio riscatto proprio grazie alla voga e alle regate.

Riguardo la violenza nelle regate, credo sia sempre deprecabile. Se al contrario i regatanti si limitano a baruffare a parole credo sia indice di un agonismo sentito che fa parte del folklore della festa.

Per chiudere, sostenere che un atleta che si allena tutti i giorni per tutto l'anno non possa concedersi un paio di pranzi o cene conviviali al ristorante e non possa bere un pò di buon vino pasteggiando in allegria, mi pare una idea stravagante. I regatanti del resto non si direbbero certo ne ubriaconi ne gente in cattivo stato di salute...

di nuovo saluti

A modo mio ha detto...

Diciamo che mi ha dato delle nuove idee per scrivere qualcosa di nuovo prossimamente.
Mi ha fatto sicuramente piacere leggere i suoi commenti.
Mi limito solo a chiudere l'argomento qui ribattendo ad alcune sue considerazioni, per altro non errate.
"fettina di benessere da poco conquistata": essendo un blog che punta a risvolti miei personali non ritrovo, la condizione della famiglia dei miei progenitori in questa espressione. In termini generali può essere vero come scrive, ma nel caso personale i miei stavano meglio con l'attività famigliare (e non con il lavoro in azienda), poi i tempi sono cambiati e quindi non è possibile fare un paragone come sarebbe stato dopo la seconda guerra mondiale. Posso pur dire che nonostante le difficoltà economiche c'era molta voglia di uscire da quel periodo buio, così vennero fatti sforzi economici molto severi pur di innalzare le condizioni di vita quotidiana.

"Risentimento dei Giudecchini":più del risentimento, più del sentirsi minacciati c'era un sentimento simile a quello che in ogni tempo si prova verso chi commette reati e danneggia la società. Poi effettivamente qualcuno era anche minacciato in termini fisici ma qui si passa ad altri argomenti. Che la voga possa essere servita a qualcuno di loro per sollevarsi da quella situazione, ben venga. Non è il caso dei miei parenti Scuciaro e Scuciareto e di altri regatanti dell'epoca.

FATTORE CIBO: per quanto conosco nell'ambito della voga, esclusi alcuni regatanti (veramente pochi) che seguono uno stile di vita vicinissimo a quello dei veri atleti, posso dire che anche fra chi esce con costanza tutti i giorni ci sono comportamenti alimentari alquanto disordinati. Un atleta per come lo intendo io segue un regime alimentare sotto controllo medico. Un atleta per come lo intendo io si allena 8 ore al giorno. Un atleta per come lo intendo io è un professionista ed è pagato per fare solo quello.
Nella voga veneta agonistica ci sono semiprofessionisti, dilettanti, amatori e "fisici un po' disastrati"; d'altra parte non è possibile, e non sarebbe neanche corretto farlo, avvicinare la voga veneziana ad uno sport professionistico serio per il quale ci siano sponsor pronti a pagare gli atleti o dove gli atleti appartengano alle forze armate.
Che poi un atleta professionista un paio di volte all'anno si possa concedere uno strappo alla regola, nulla da dire. Diversamente se lo strappo viene ripetuamente perseguito nel mese successivo alla regata storica.

Infine, che io abbia idee stravaganti non è una cosa nuova e non solo nel campo alimentare; d'altra parte come mangio e come mi comporto è un fatto che riguarda solo me, agli altri potrà non piacere ma io sto bene così.
Mi capita ogni tanto di trovarmi con amici al classico aperitivo e ordinare acqua senza mangiare nulla. Un po' alla volta capiranno che non sono un tipo da aperitivi!