sabato 29 giugno 2013

Appercezione Trascendentale

Nuovamente solo sulla mia barca, nuovamente e fortunatamente solo in una laguna silente e piatta. Questa pausa dalla confusione e dai fatti contingenti mi si è resa necessaria per far quadrato attorno a me stesso, per razionalizzare, o cercare di farlo, un momento un po’ difficile e diverso da tutto ciò che potevo aspettarmi fino a quel momento, anche se fortunatamente tutto è andato molto meglio di quanto poteva accadere. Un’uscita quindi al mattino presto, alle 5.30, appena dopo l’alba, se non ancora durante la fuoriuscita del sole dall’orizzonte, almeno quello fasullo delle costruzioni umane.


Per rispetto alla laguna ho spento subito il mio 8 cavalli: col rumore infatti, oltre che infastidire ambiente e fauna, avrei dato fastidio a me stesso. Niente vento e quindi niente vela, restava quindi il buon vecchio remo. Ed eccomi quindi a vogare e, inizialmente, nessun pensiero, solo ad osservare l’acqua, il cielo, l’orizzonte, le isole, le alghe, le bricole, la secca. Poi man mano che il tempo passava i primi pensieri, anzi ricordi del passato, ricordi piacevoli ma anche qualche ricordo un po’ doloroso. Ad un certo punto anche i ricordi hanno lasciato spazio ai ragionamenti. Per non so quale motivo pensavo alla grandezza dei matematici, fisici e filosofi che tra 1700 e 1800 hanno gettato le basi della matematica che fa dannare gli studenti di facoltà scientifiche come matematica, fisica, ingegneria e non solo. Ecco quindi Laplace, Lagrange, Taylor, Newton… per citarne qualcuno dei più noti che mi sono sovvenuti. Proprio pensando a Laplace, ricordavo il fatto che lo stesso matematico riprese una teoria sulla cosmogenesi formulata dal filoso Prussiano Immanuel Kant. E su Kant il mio pensiero si è fermato, perché ho potuto trovare la soluzione analitica a ciò che mi stava mettendo in difficoltà. Ricordando a spanne il percorso filosofico di Kant, da ciò che ho studiato alle superiori, non si può non dimenticare quello che è considerata la sua opera principale, ovvero la “critica della ragion pura” del 1781. In particolare è la ricerca di una correlazione tra metafisica e scienza che in questo caso serve anche a me a mettere ordine fra la realtà dei fatti scientifici e quei fatti imponderabili (che qualcuno chiama anche destino) che non ci si sa spiegare perché possano accadere. In realtà l’analisi di Kant va ben oltre il mio “problema”. Tralascio in questo post tutta la sintesi del pensiero kantiano, in particolare com’è sviluppata la “critica della ragion pura” (per approfondire clicca qui il link su wikipedia); in questo caso a colpirmi è la ricerca che Kant attua per darsi una spiegazione sul fatto che la natura sembri seguire delle regole necessarie andando a farle combaciare a quelle del nostro intelletto. Alla luce di quanto vissuto il giorno prima, mi chiedo anch’io come uno scienziato o l’uomo in generale, possa affermare di conoscere scientificamente la natura, definendo quindi delle leggi specifiche; cioè di come la scienza riesca a trovare sempre (o quasi) una spiegazione plausibile a ciò che ci accade (per esempio nel campo della medicina).
Per giustificare questo ragionamento Kant usa l’appercezione trascendentale, cioè quel concetto più conosciuto proprio in Kant come “io penso”. Ovvero, riassumendo molto, che il poter dare delle rappresentazioni del mondo è dovuto alla nostra coscienza di essere dei soggetti pensanti. In pratica cioè che un oggetto è tale solo se rapportato ad un soggetto.

Personalmente trovo che questa spiegazione filosofica della realtà (e della realtà scientifica in particolare) sia la miglior spiegazione razionale che possiamo darci quando non sappiamo definire ciò che sembra scardinare la nostra realtà ben definita e razionale. In pratica, sempre secondo pensiero di Kant, pur conscio che l’”io penso” non può modificare la realtà ma solo analizzarla, la mancata unione tra oggetto (fatto) e soggetto (io) porta all’incomprensione dei fenomeni. È quello che accade quando l’emotività ci fa rompere il legame tra noi (soggetto) e quello che ci accade (oggetto): tutto si allontana dalla nostra portata e la realtà ci sembra incontrollabile. La riflessione e il silenzio, il movimento e lo sforzo fisico invece ci possono riportare a riprendere il controllo di noi stessi e quindi a ricostruire il legame tra soggetto e oggetto.

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